Testimoni. Santa Bakhita patrona dello ius culturae. La scelta di Schio
Santa Giuseppina Bakhita
Tante volte discutiamo di ius culturae senza averne piena coscienza, facendo di ogni erba un fascio, mischiando sentimenti nazionalisti a diffidenze culturali e, sul fronte opposto, frullando insieme luoghi comuni sul valore del meticciato culturale e dell’accoglienza per il futuro delle nostre nazioni. Quello che è successo nei giorni scorsi a Schio, nel cuore del Veneto operoso, può in qualche modo fornirci un estemporaneo metro di giudizio, tale da consentire una riflessione lontana da ogni forma di ideologia: perché la cultura italiana, con la sua profonda radice cristiana, è contagiosa e feconda. E crea condizioni di cittadinanza (non solo onoraria). Il 28 novembre il Consiglio comunale della cittadina ha votato e approvato all’unanimità un documento che conferisce la cittadinanza onoraria a santa Giuseppina Bakhita, la schiava sudanese emancipata dal console italiano a Khartoum e giunta in Italia, immigrata ante litteram, nel 1884. L’idea era stata lanciata alcuni mesi prima dall’attivissimo “Comitato Bakhita, Schio, Sudan” nella persona di Gianfrancesco Sartori.
Quest’anno di Bakhita ricorrono i 70 anni dalla morte, avvenuta a Schio l’8 febbraio del 1947. In questo contesto celebrativo l’amministrazione locale si è disposta per l’importante iniziativa in considerazione del fatto che lo Statuto comunale prevede la possibilità di «conferire, con atto solenne e motivato, la cittadinanza onoraria a chi ha operato nell’interesse della comunità e a chi si sia distinto per altri meriti». Interessi e meriti che riguardo a Bakhita il sindaco Valter Orsi ha riconosciuto pubblicamente affermando di ritenere «un privilegio per la nostra Città annoverare fra gli scledensi questa donna che tanto ha dato alla nostra comunità, e tanto sta insegnando ancora oggi con il suo ricordo e i suoi valori, in tal modo interpretando anche i sentimenti dell’intera nostra collettività». Lo stesso sindaco darà l’annuncio ufficiale del conferimento della cittadinanza onoraria il 16 dicembre in occasione del tradizionale incontro con la cittadinanza per gli auguri natalizi. È un fatto, del resto, che in tutto il mondo Bakhita sia riconosciuta come 'la santa di Schio'. E si tratta di una fama in crescita esponenziale. In Europa, in Africa e in Sudamerica (aree soggette a imponenti fenomeni migratori e sociali) si stanno moltiplicando le chiese intitolate alla santa, le iniziative e le associazioni che portano il suo nome. Bakhita è stata canonizzata nel 2000 da Giovanni Paolo II in una piazza San Pietro gremita. Già nel ’92, nel giorno in cui venne beatificata insieme a Escrivá de Balaguer, il Papa l’aveva definita «Sorella universale». E nei fatti questa schiava africana, convertita al cattolicesimo e naturalizzata italiana si sta davvero mostrando al mondo come «sorella universale», capace di essere amica e compagna di strada di tutti perché nella sua umiltà vicina a ognuno: il bianco italiano che ne ammira l’umiltà e la capacità di identificarsi nella Parola, il nero africano che a lei si affida per trovare anch’egli una degna collocazione nel mondo. Una santa universale perché internazionale, attuale e capace di parlare a tutte le culture e a tutti i ceti sociali come poche altre. Non a caso Benedetto XVI nella Spe salvi la propone come modello di santità per il nostro tempo.
Bakhita ha fortemente voluto venire in Italia e con forza ancora maggiore si è impegnata per restarci. Nera come lo sono i sudanesi del Darfur, si è così integrata nella società veneta da parlare in veneto e con perfetto accento, al punto di riferirsi a Dio sempre col colloquiale appellativo di 'el Paron'. Lei, che non sapeva scrivere e a mala pena leggeva, era diventata, in vita, un punto di riferimento per tutta la comunità locale, fin dai giorni in cui durante la Grande Guerra, nell’ospedale da campo allestito a Schio, assisteva i nostri soldati e raccoglieva le confidenze dei morenti. Le donne si confidavano con lei, gli uomini accettavano i suoi consigli, i sacerdoti non disdegnavano di imparare alla scuola della sua umiltà. Per tantissimi averla incontrata è stato l’inizio di una vita nuova. E se Bakhita è stata tutto questo e oggi può essere considerata a buon titolo un ponte, attraverso il Mediterraneo, fra Nord e Sud del mondo lo si deve alla sua disponibilità di fronte alla grazia di Dio, ma anche alla capacità dell’Italia e di Schio in particolare di averla accolta facendone una di noi. Bakhita è in qualche modo la dimostrazione che questo Paese è capace di integrare chi viene da fuori ed è capace di assimilarlo alla propria cultura ricevendone in cambi dei benefici. È nata in Sudan, ma è in Italia e a Schio che si è realizzata come donna e come persona libera, che è diventata santa e «Sorella universale». Difficile non vedere in lei un grande esempio (frutto) di ius culturae. In questo l’iniziativa del Comune di Schio può davvero diventare un simbolo in un Paese che ha bisogno di gesti coraggiosi e capaci di superare populismi e ideologie.