Agorà

Personaggio. Novant'anni di Bacharach, la musica di un immortale

Massimiliano Castellani venerdì 11 maggio 2018

Il grande compositore americano Burt Bacharach

Il pianeta musica è abitato da “animali” da palcoscenico di tutte le razze, quella a cui appartiene Burt Bacharach è la razza, rara, degli “immortali”. È sulla scena dal 1954 e in ogni parte del globo siamo certi che anche in questo preciso istante ci sia una radio che trasmette una delle sue circa cinquanta hit che gli hanno fruttato ben sei Grammy e milioni di dischi venduti. Non c’è cantante, interprete o musicista, dai Beatles (cantarono la sua Baby, It’s You), fino alle nostre Karima (a Sanremo 2009 con Come in ogni ora) e Chiara Civello (a cui ha donato Trouble) che non sia in qualche modo debitore a questo pianista, compositore e produttore discografico di Kansas City, che domani festeggia 90 anni. Da noi, l’anniversario del leggendario Burt, figlio di una famiglia ebraica tedesca emigrata negli Usa, non è passato inosservato all’orecchio sempre attento del maestro Vince Tempera. Il decano sul podio del Festival di Sanremo, anche lui compositore, autore e “musico” dal primo Guccini de L’isola non trovata fino a Atlas Ufo Robot( «8° in classifica dopo 40 anni »), non ha retto alla tentazione di omaggiare quello che senza esitazioni definisce «il più grande Maestro della musica pop».

Così, con la sua Milan Simphony Orchestra («i migliori jazzisti della scuola milanese: Badascio, Luca, Buonarota, Napolitano e Zenga») si è chiuso in sala di registrazione per arrangiare e registrare 13 perle di Bacharach affidate alla voce suadente e lo stile brit-pop di Marzia Bi. Una creatura canora che già nella foto di copertina del discoomaggio, Burt Bacharach Italian Songbook( Zelda Music-Universal. Euro 12,00) rimanda alla nostalgia vintage delle cantanti inglesi anni ’60. «La prima volta che l’ho ascoltata a Milano, a un concerto di beneficenza, per voce e presenza scenica Marzia Bi mi ha ricordato immediatamente Sandie Shaw». La “Patty Pravo” d’Inghilterra, la Shaw che si presentò sul palco di Sanremo (1970) cantando a piedi nudi – in coppia con Pino Donaggio – Che effetto mi fa. E anche la Shaw, che trionfò all’Eurovision Song Contest 1967 (con Puppet On a String) tra i suoi successi vanta anche due brani di Bacharach: There’s Always Something There To Remind Mee Long Live Love. Il primo, viene riproposto anche in questo cd celebrativo che, come recita il sottotitolo, oltre al maestro americano è rivolto a Tutti quelli che hanno un cuor. Brano quasi omonimo di Quelli che hanno un cuore, tradotto in italiano da Giuseppe Cassia e ben interpretato da Marzia Bi che ne trasmette l’atmosfera morbida e rassicurante.

L’eterna magia delle melodie di Bacharach sta proprio nell’infinita capacità di scollinare tra le varie generazioni e di proporsi come colonna sonora, romantica, di storie d’amore, di vita e di celluloide. Il cinema lo ha premiato con tre Oscar. Doppia statuetta nel 1970 per le musiche e il brano del memorabile Butch Cassidy and the Sundance Kid e nel 1982 per la migliore canzone inserita nel film Arthur (Arthur’s Theme - Best That You Can Do interpretata da Christopher Cross. Siamo entrati negli anni ’80 quando Bacharach era già un’icona universale da un bel pezzo. Esattamente sessant’anni fa, quel ragazzo «che musicalmente – ci tiene a sottolineare – sono nato nell’ambiente jazz della 52ª Strada di New York» saliva alla ribalta con Magic Moments eseguita da Perry Como. Brano che, nel 1958, ottenne il primo Disco d’Oro della storia. Inizio di una carriera davvero aurea per il ragazzo che, fino al 1961, era soltanto il pianista della “divina” Marlene Dietriche, ma che dopo ogni concerto tirava fino all’alba con il suo socio, il paroliere Hal David per creare e comporre. In coppia, in vent’anni di intensa collaborazione, hanno affidato le loro composizioni a tutte le più belle voci d’America, dalla pupilla Dionne Warwick, passando per Tom Jones fino a Aretha Franklin (per citarne solo alcuni). Canzoni che sono diventate delle compagne di viaggio in ogni angolo del mondo, un refrain da intonare sotto la doccia o sotto la pioggia. «Il nostro album si apre proprio con Gocce di pioggia su di me nella traduzione in italiano dell’originale Raindrops keep falling on my head fatta da Giuseppe Gramitto Ricci e Cristiano Minellono.

«Marzia Bi canta le versioni in italiano di Don’t make me over che Mogol e Don Backy resero Non dirmi niente e che portò al successo Ornella Vanoni, la quale a sua volta ha tradotto in Magia The look of love » spiega Vince Tempera. Il compianto Sergio Bardotti firmò con Cassia la cover di Always something there to remind me, ovvero Il mondo nei tuoi occhi. «E pochi sanno che anche Garinei e Giovannini vennero stregati da I’ll never fall in love again e vollero inciderla con il titolo di Non m’innamoro più, mentre Gianni Boncompagni con Alberto Testa si intestarono Un ragazzo che ti ama alias This guy’s in love with you ». Evergreen fantastici di questo mago del sound che ha continuamente cambiato registro, dal jazz al soul, pigiando ora delicatamente i tasti del pianoforte nei momenti pop del suo percorso e lasciandosi andare al ritmo più frenetico quando venne rapito dalla bossa nova. Qualche stecca, in tutti questi anni, l’ha presa anche il caro vecchio Burt, del resto uno dei suoi moniti ricorrenti è: «Ho sempre avuto un problema con le persone che non sanno dire la verità o non sanno ammettere un errore dicendo che hanno sbagliato». Non sbaglia di sicuro la location italiana dei suoi due concerti, quando – il 25 e il 28 luglio –, questo Gershwin spiegato al popolo si esibirà al Teatro Romano di Ostia Antica. Chi andrà ad ascoltarlo, potrà raccontare ai posteri di aver vissuto «magic moments» con Bacharach, l’immortale.