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Storia. Avicenna e al-Biruni, giganti (e rivali) del Rinascimento islamico

Simone Paliaga martedì 3 settembre 2024

Corasmia, in arabo Khwarizm, in uzbeko Khorezm, in persiano Choresm. È una regione dell’Asia centrale, all’incrocio di più culture, sul confine tra gli attuali Turkmenistan e Uzbekistan e accolta tra l’Aral e l’Amu Darya, conosciuto dai tempi di Erodoto e Strabone come fiume Oxus. Se solo la si osserva dalle immagini fornite da Google Earth risulta un territorio prevalentemente desertificato. Questo oggi, che il lago si è ritirato a causa di un’improvvida attività umana. Ma, agli albori dell’Anno Mille, quella terra si presentava agli occhi dei viaggiatori in maniera completamente diversa. Allora si trovava nel cuore vitale dell’Eurasia e non rappresentava un suo lembo abbandonato. Attraversata da una fitta rete di sistemi idraulici sotterranei, le sue campagne erano irrigate e le città rifornite d’acqua. La Corasmia sorgeva al centro delle principali vie dei traffici, tra Oriente e Occidente. Pechino, Damasco, Baghdad, Istanbul erano mete non solo da lì raggiungibili, ma da essa occorreva passare per raggiungerle. E così da lì transitavano oltre a merci e uomini anche idee e arti. Alla sua fioritura contribuì pure l’importante opera di rinnovo avviata, nel 993, della dinastia musulmana dei Ma’munidi, che trasferì la capitale da Kath a Gurganj rendendola un luogo di ritrovo delle menti più creative dell’epoca.

S. Frederick Starr di questo mondo aveva già restituito, sette anni fa, un’immagine straordinaria nell’avvincente Illuminismo Perduto. L’Età d’Oro dell’Asia Centrale. Sull’argomento è ora ritornato con un nuovo lavoro, da oggi in libreria per l’editore Einaudi, L’epoca geniale. Avicenna, Biruni e l’illuminismo perduto (pagine 360, euro 30,00) che prosegue l’affresco di quella realtà negletta.Nel suo ultimo libro, però, l’attenzione di Starr, come un novello Plutarco, si concentra sul ritratto in parallelo di due figure centrali nella storia del pensiero e della scienza, Abu ‘Ali al-Husayn ibn ‘Abd Allah Ibn-Sina e Abu al-Rayhan Muhammad ibn Ahmad al-Biruni. Mille anni fa, questi due giganti del pensiero, più noti con i nomi di Avicenna e Biruni, conseguirono straordinarie conquiste intellettuali in campi diversi come la medicina, l’astronomia, la matematica, la filosofia, la geografia, la fisica, la matematica, per citarne solo alcuni. Biruni, spesso definito il Leonardo da Vinci dell’XI secolo, misurò la Terra con una precisione senza pari fino al Cinquecento, ipotizzò un universo eliocentrico e avanzò l’ipotesi dell’esistenza di due continenti abitati, l’America settentrionale e meridionale. Elaborò, poi, il concetto di peso specifico, centrale nella chimica moderna, e diede un impulso allo sviluppo della trigonometria, e in particolare fornì la definizione di seni, coseni e tangenti dei triangoli, rendendo più precise le misurazioni delle distanze. Non va neppure dimenticato che si impegnò nella classificazione delle piante con una tale perizia che Starr definisce ineguagliata fino a quando Linneo, sette secoli dopo, non ne riformò la nomenclatura. Gli scritti di Avicenna dedicati alla filosofia e alla metafisica, in particolare, permisero di rinnovare il pensiero europeo del tredicesimo secolo. Mentre la sua grandiosa sintesi delle conoscenze mediche, il Canone della medicina, divenne un punto di riferimento in Europa, Medio Oriente e India, secondo Starr, per oltre seicento anni. A Ibn Sina sono forse attribuite meno innovazioni scientifiche, anche se coniò la parola araba per individuare la retina, perché i suoi grandi successi sarebbero invece di metodo e organizzazione culturale. Starr gli attribuisce, infatti, l’ideazione di ciò che in Occidente sarebbe poi stata definita “scolastica”, intendendo così l’integrazione della tradizione classica in un contesto teologico completamente differente, nel caso di Ibn Sina, l’Islam, e più tardi in Europa, il Cristianesimo. A entrambi si deve anche il commento approfondito delle opere dei grandi pensatori dell’Antichità greca, giunte a loro in traduzione araba, la lingua franca dell’Asia centrale, grazie all’impegno dei monaci cristiani siriaci conoscitori di ambedue gli idiomi. E lo stesso, Ibn Sina e Biruni, fecero con le opere dei primi teologi dell’Islam, aspirando a raggiungere una sintesi tra le due tradizioni di pensiero. Sarebbero stati i due geni di Gurganj, a opinione di Starr, i principali artefici di un risveglio culturale paragonabile solo al Rinascimento europeo.

Condivisibile o meno che sia questo giudizio dell’archeologo americano, già responsabile di una campagna di scavi a Gordio, in Turchia, e autore della mappatura della Via Reale di Persia e attualmente presidente e fondatore del Central Asia - Caucasus Institute & Silk Road Studies Program, un centro di ricerca e studi politici della Johns Hopkins University, la fioritura di studi, sistemi di pensiero, scoperte scientifiche che avvenne nei primi decenni dell’undicesimo secolo in un lembo di terra all’apparenza remoto e oggi letteralmente sconosciuto è innegabile. Avicenna e Biruni oltre a tante somiglianze presentano però anche sensibili differenze. Di là della diversa estrazione sociale, di alti natali il primo e invece orfano il secondo anche se conobbe la fortuna di una felice adozione, numerose sono le differenze che li contraddistinguono. Per quanto eredi della stessa cultura, una società di lingua araba influenzata dalla cultura persiana, e appartenenti a una ristretta élite di studiosi, con cospicui mezzi e risorse da dedicare allo studio, differivano per personalità e prospettiva. Ibn Sina, nato intorno al 980, amava la compagnia e ambiva a creare un’unica cornice entro cui tutto il sapere potesse essere organizzato. Mentre Biruni, che vide i natali nel 973, era un uomo introverso che trascorse gran parte della sua vita a lavorare in solitudine dilettandosi a studiare i fenomeni particolari, per poi generalizzare le sue scoperte solo sulla base di quanto osservato personalmente. I due, per quanto contemporanei e residenti per sette anni negli stessi luoghi, mai si citano nei rispettivi lavori, a testimoniare forse un’umana rivalità che non risparmia nessuno. Eppure, malgrado il presunto reciproco dissidio, Avicenna e Biruni hanno incarnato le imprese della loro epoca e il suo apice intellettuale, perseguendo le ricerche e mantenendo l’indipendenza pur nel mezzo di tumulti e rapidi cambiamenti politici quali conobbe la Corasmia nella prima metà dell’XI secolo.