Costanzo le ombre. Auditel suo unico faro: per lui valeva tutto e il contrario di tutto
Quando era ancora un giovanissimo studente di ragioneria, Maurizio Costanzo aveva già deciso che avrebbe fatto il giornalista e che sarebbe diventato famoso. A qualunque costo. A 18 anni era già un cronista del quotidiano Paese Sera. Da lì in avanti quasi ogni anno cambiò giornale, sempre salendo di grado. Era un uomo di rara intelligenza.
Con la stessa naturalezza poteva scrivere una canzone per Mina ( Se telefonando), spingere Paolo Villaggio a creare il personaggio di Fracchia, scrivere una piece teatrale o sceneggiare un film. Tanti lo celebrano per avere inventato con Bontà loro il talk show in Italia, ma la verità è che arrivò secondo, il primo fu Luciano Rispoli ne 1975 con L’Ospite delle 2. Un “dettaglio” che non amava ricordare. Come la presenza del suo nome tra gli affiliati della Loggia P2 di Licio Gelli. Quello fu un duro colpo per lui. Poteva costargli l’intera carriera ma anticipò lo scandalo e si dimise subito da direttore del quotidiano L’Occhio che aveva fondato alla Rizzoli e finse di sparire. Poi, dopo meno di un anno, ricomparve su Rete4, allora di proprietà della Mondadori, col Maurizio Costanzo Show. Nel suo talk show c’era tutto e il suo contrario.
C’era l’impegno e c’era la provocazione fine a se stessa, c’erano le battaglie contro la mafia (che gli procurarono persino un attentato) e persone da brividi, c’erano giudici come Falcone e criminali come Lutring. C’era uno sconosciuto Sgarbi che dichiarò che voleva vedere morto il suo mentore e un già famoso Aldo Busi che faceva l’elogio della pedofilia. Soprattutto dall’84, c’era l’Auditel, il vangelo di Costanzo.
Se un personaggio veniva premiato dal pubblico tv, indipendentemente da chi fosse e da cosa dicesse, veniva riproposto per sere e sere. In caso contrario spariva. Perché il suo primo obiettivo era vincere. Vincere e fare. Non a caso accanto al suo lavoro in tv (è stato anche direttore di Canale 5 e presidente di Mediatrade) ha fatto di tutto: dal direttore artistico di teatri al creatore di fiction, dall’attore al consulente della comunicazione di partiti di segno opposto fino al professore universitario. Lui che non si era mai laureato perché non aveva tempo. Lui che non prendeva pause e non faceva vacanze. Era troppo impegnato a fare sempre di più.