Mondiali 2014. Caporetto Italia, fuori dal Mondiale Prandelli e Abete si dimettono
Una Caporetto del pallone, per restare alla storia patria: l'Italia per la seconda volta consecutiva viene eliminata dai mondiali al termine del girone, e a mandarla a casa, a capo di una partita di rara bruttezzapersa 1-0, è un modestissimo Uruguay. Non c'è un eroe alla Enrico Toti ma nemmeno un onesto guerriero del pallone in questa generazione azzurra: e l'appello ai valori nazionali fatto ieri da Prandelli è risultato oggi paradossale, soprattutto alla luce del fatto che sul piano strettamente tecnico tra le due nazionali non esiste paragone. È vero, gli azzurri hanno giocato più di mezz'ora in inferiorità numerica per l'espulsione di Marchisio: ma il cartellino rosso non è del tutto immotivato (quel piede alzato dello juventino è comunque un rischio), e il fatto che a prenderlo sia stato un giocatore che in quasi trecento partite da professionista solo un'altravolta era stato cacciato dall'arbitro non è un'alibi ma semmai una riprova del fatto che con la testa, e soprattutto il cuore, l'Italia era già ripartita nei giorni scorsi dal Brasile. In una partita che è stato un lungo corpo a corpo, la prima colpa dell'Italia è stata quella di non avere cercato seriamente il colpo del ko quando gambe e tecnica la ponevano in posizione di maggiore forza. Invece gli azzurri, tra i quali nella sfida di Natal si sono salvati sostanzialmente solo Verratti e Buffon, hanno ruminato calcio e poco più per un'ora. Poi la follia di Marchisio, che è andato con il piede alzato a cercare la gamba di Arevalo in un contrasto in fase offensiva, li ha messi in condizioni di estrema difficoltà fisica. È venuta meno la lucidità, e con essa l'attenzione in fase difensiva. E infatti il gol di testa di Godin che alimenta il sogno di un nuovo Maracanazo per l'Uruguay (potrebbe trovare il Brasile ai quarti di finale) è arrivato su angolo, a retroguardia schierata. Ma al di là della gara di Natal, è l'intera spedizione azzurra ad assumere i contorni netti del fallimento: una illusoria vittoria con gli inglesi in avvio, due sconfitte sostanzialmente senza lampi con il Costarica e l'Uruguay. In più una gestione del gruppo discutibile (ediscussa già in ambito federale): il processo a Prandelli era già scattato dopo la partita persa a Recife, è chiaro che la resa dei conti, con inimmaginabili conseguenze, ora riguarda l'intero palazzo calcistico. Difatti in conferenza stampa Prandelli prima se l'è presa con l'arbitro ("Ha rovinato la partita"), poi ha annunciato le dimissioni. "Ho già parlato con il presidente Abete e con Albertini, mi sembra giusto visto il fallimento del progetto tecnico". "Prima della firma del contratto c'era la volontà di andare avanti e di proseguire questo progetto. Avevamo camuffato bene in quattro anni i problemi del calcio italiano. Poi siamo stati aggrediti, sia io che il presidente Abete, come se fossimo unpartito politico e ci hanno accusato di prendere, anzi di rubare, i soldi ai contribuenti. Io ho sempre pagato le tasse e non ho mai rubato i soldi a nessuno. Se sbaglio tecnicamente, invece, è un discorso diverso e mi prendo tutte le responsabilità". Dimissioni seguite da quelle del presidente della Fidc, Giancarlo Abete. "Ho convocato il consiglio federale, dove porterò le mie remissioni irrevocabili. Era una decisione presa prima del Mondiale, voglio togliere qualsiasi tipo di problema. Spero che Prandelli ripensi alle sue dimissioni". Speranza disillusa dallo stesso ct, che ha invece precisato che le sue dimissioni sono ugualmente irrevocabili.La partita Prandelli in avvio aveva confermato le indicazioni della vigilia, rivoluzionando sul piano filosofico e tattico la squadra: difesa a 3 con gli juventini Barzagli, Bonucci e Chiellini, due esterni, Darmian e De Sciglio a fare da stantuffi sulla fascia. A dare i tempi al motore azzurro, i due registi Verratti e Pirlo, affiancati da Marchisio, auspicato mix difosforo e dinamismo, in avanti la strana coppia Immbile-Balotelli. La risposta del maestro Tabarez era semplice: la "Garra" (la tradizionale forza, umiltà e perseveranza degli uruguayani alla ricerca di un risultato) a pervadere ogni zona del campo, sperando nel colpo della coppia Cavani- Suarez. Il risultato era un primo tempo con il costante controllo del gioco da parte egli azzurri, certo più equilibrati con il nuovo modulo 3-5-2 e anche superiori sul piano tecnico. A gestire ilgioco dell'Italia era stavolta più Verratti che Pirlo, fatto sta che se una colpa aveva la squadra di Prandelli era nel non cercare con convinzione il colpo vincente, a lungo assolutamente alla portata visto che soprattutto dietro la pochezza degli avversari era netta. Forse perchè i tempi degli scambi tra Balotelli e Immobile erano assai poco rodati e i due sostanzialmente deludevano, gli azzurri in realtà arrivavano al tiro solo un paio di volte. La prima proprio con una punizione di Pirlo deviata con fatica da Muslera al 12', la seconda a capo di un'azione corale conclusa da un cross di De Sciglio sul qualeImmobile andava in maniera goffa, "sbucciando" il pallone chefiniva alto. Come il coro "Italia-Italia" che si alzava nonostante tutto dagli spalti, perchè sembrava la certificazione di una superiorità di manovra. E l'Uruguay? Velleitario in un paio di tiracci di Caceres dalla propria metà campo, offriva una sola emozione ai suoi tanti sostenitori sulle tribune dello stadio Das Dunas: era al 32', quando Buffon eracostretto alla doppia uscita su tiro ravvicinato prima di Suarez e poi di Lodeiro. Nella ripresa Prandelli applicava un ulteriore correttivo: fuori Balotelli, mai incisivo, e dentro Parolo a rinforzare la fase di interdizione con Immobile unica punta. Una furbata di Cavani al 6' (si appoggiava a Chiellini, finiva a terra e chiedeva inutilmente il rigore) poi al 14' Rodriguez scappava a Marchisio e Darmian e dopo scambio con Cavani falliva il colpo del ko. Era un campanello d'allarme e infatti un minuto dopo la gara cambiava volto: Marchisio andava a contrasto conArevalo tenendo il piede alzato anche se non con la gamba del tutto allungata in un gesto violento: il contatto c'era, l'arbitro Rodrguez optava per l'espulsione. Gli azzurri così venivano condannati a mezz'ora in inferiorità numerica. Pirlo sembrava l'ombra di sè e sbagliava un paio di tocchi oltre a un tiro da fuori. Ci provava allora al 20' Suarez d'esterno destro con gran risposta di Buffon. La gara diventava un assedio, e allora Prandelli toglieva anche Immobile per dare spazio a Cassano. Toccava poi a Thiago Motta, al posto di Verratti che si infortunava in un contrasto. Una testata di Suarez (conl'aggiunta di morso alla spalla) a Chiellini al 34' avrebbe potuto riequilibrare le forze in campo se l'arbitro avesse visto bene l'episodio, invece su angolo dalla destra toccava a Godin, di testa mettere in rete. La chiusura era un'agonia azzurra, con Buffon inutilmente a lungo nella metà campo avversaria. L'Italia era fuori dal mondiale per la seconda volta consecutiva già dopo il girone: non succedeva da 48 anni (Cile 1962 e Inghilterra 1966), insomma dalla Corea. Che poi è l'equivalentecalcistico di Caporetto.