Agorà

Atletica. La prima Coppa Europa dell'Italia: i segreti di un trionfo

Mario Nicoliello martedì 27 giugno 2023

Gianmarco Tamberi, 31 anni, medaglia d’oro nel salto in alto agli Europei a squadre disputati in Polonia

Nella Chiesa dell’Immacolata Concezione di Katowice la domenica le messe si susseguono ogni ora e mezza. Dopo quattro celebrazioni in polacco a metà giornata si passa all’inglese, per accogliere quei fedeli provenienti da quattro continenti che nella Slesia hanno trovato casa e lavoro. A loro si rivolge don Tommaso, che avendo studiato a Roma parla anche l’italiano, invitando la comunità multietnica a partecipare attivamente alle attività parrocchiali. La funzione internazionale si conclude proprio mentre nello Slaski Stadion, sette fermate di tram più a Ovest della chiesa, nella municipalità di Chorzow, comincia la giornata conclusiva dell’Europeo a squadre, un pomeriggio che prima del tramonto regalerà all’Italia dell’atletica una gioia immensa. Per la prima volta nella storia gli Azzurri alzano al cielo la Coppa Europa, il trofeo più sentito nel vecchio continente. Una competizione inventata nel 1965 da Bruno Zauli, sopravvissuta al tempo grazie a continue modifiche. Sono cambiati il nome (oggi si chiama Campionato europeo a squadre), le partecipanti (sedici nazioni nella lega maggiore con uomini e donne insieme), la formula (due serie per la velocità, quattro tentativi per lanci e salti in estensione, quattro errori al massimo nei salti in elevazione, una sola 4x400, la mista), ma non lo spirito: per un week-end l’atletica diventa sport di squadra e vince chi raccoglie più punti. Non serve avere solo qualche star, bisogna coprire bene tutti i settori: è la classe operaia che scala il paradiso. Qualcuno obietterà che le altre nazioni hanno bistrattato la rassegna, ma nello sport, si sa, gli assenti hanno sempre torto. Il successo dell’Italia comunque non è casuale, perché la pattuglia tricolore giunta in Polonia era la più assortita del lotto.

Pur senza Marcell Jacobs - egregiamente sostituito da Samuele Ceccarelli, primo sui 100 col personale eguagliato - la squadra si è dimostrata compatta, raccogliendo sette successi individuali - lo squillo di Alessandro Sibilio nei 400 ostacoli è stata la ciliegina dal punto di vista tecnico - e testimoniando un attaccamento alla maglia senza precedenti: emblematico quanto accaduto nella 4x100 femminile, dove il testimone lasciato per strada è stato comunque raccolto e portato al traguardo, conquistando così punti preziosi a dispetto di altre nazioni squalificate e quindi rimaste a bocca asciutta. Il distacco inflitto alla Polonia, 24 punti, certifica un dominio generalizzato, mai in discussione. L’Italia ha condotto le danze dalla prima all’ultima fatica e la festa sugli spalti è scattata con lauto anticipo. Per salire sul palco gli azzurri si sono vestiti a festa, indossando la divisa ufficiale dell’Italia ai Giochi Europei, il contenitore che ha accolto per l'occasione la creatura di Zauli. Con la medaglia al petto la gioia è esplosa quando Gimbo Tamberi - vincente all’esordio stagionale nell’alto, poi polemico contro la Fidal per il mancato invito in tribuna al Golden Gala, uno sfogo che poteva anche risparmiarsi nel giorno di festa - ha sollevato al cielo il trofeo, con l’Inno di Mameli a suggellare il pomeriggio. L’onda positiva sprigionatasi a Tokyo continua a diffondersi e contagia anche i giovani. Nadia Battocletti, Larissa Iapichino, Mattia Furlani hanno risposto presente.

Tra due mesi al Mondiale di Budapest lo scenario sarà completamente diverso, con una concorrenza molto più agguerrita, ma intanto il segnale è stato lanciato: quando il gruppo ha un’anima il risultato finale è maggiore rispetto alla somma delle individualità. « Il mio pensiero va a Bruno Zauli, che questo evento l’ha inventato: abbiamo reso omaggio a un grande uomo e presidente. I nostri ragazzi meritano l’attenzione di tutto il mondo, non soltanto dell’Europa. Questo è il risultato del lavoro quotidiano delle società sul territorio: sono loro a scoprire e far crescere i talenti, che poi diventano campioni. In due anni e mezzo i risultati sono stati straordinari, i ragazzi non smettono mai di sorprendermi », ha commentato il presidente federale Stefano Mei, mentre per il direttore tecnico Antonio La Torre è stato messo un punto importante e da qui « possiamo andare avanti. La consistenza della squadra è aumentata, ci sono tantissimi giovani e tanti altri ragazzi e ragazze affolleranno i campi di atletica dopo le emozioni di Chorzow: le società e i tecnici di periferie fanno un lavoro preziosissimo. Dobbiamo proseguire tutti insieme». Il successo dell’alto livello si riflette sulla base, perché l’esempio dei grandi è il miglior stimolo per i piccoli. Vincere senza cullarsi sugli allori, ma pensando al domani, è la strategia giusta per disegnare il futuro, integrando pian piano volti nuovi nel gruppo. Parole che ritornano anche nell’omelia di don Tommaso, in un Paese che ha fatto dell’accoglienza una delle sue ragioni d’essere. Non a caso attorno allo stadio e nel centro storico le bandiere ucraine garriscono al soffio del vento dell’Est.