Storia. Gli oscuri segreti di Hans Asperger, complice del nazismo
Hans Asperger (Vienna, 1906 – 1980)
Fino a non molto tempo fa il pediatra viennese Hans Asperger era considerato una sorta di Oskar Schindler della psichiatria. Non solo un pioniere della ricerca sull’autismo, ma anche un eroe che riuscì a salvare molti bambini dal programma di sterminio nazista. Dopo la guerra fu nominato direttore della clinica pediatrica universitaria di Vienna dove proseguì una lunga carriera accademica nella quale gettò le basi per una definizione dell’autismo come forma di diversità, aprendo la strada a una corretta comprensione della malattia. Nel 1981, subito dopo la morte, il suo nome è stato associato alla sindrome dello spettro autistico.
Ma fino a qualche anno fa nessuno si era interrogato davvero sul ruolo svolto da Asperger durante il Terzo Reich. Ben pochi avevano ad esempio ritenuto anomalo che il medico viennese, pur non iscrivendosi al partito, fosse riuscito a entrare in ruolo nel 1943 e a raggiungere posizioni di primo piano in istituzioni accademiche e statali senza compromettersi col regime. Dopo la guerra non gli venne d’altra parte contestato alcun reato e lui fu assai convincente nell’affermare di essersi sempre opposto al cosiddetto Aktion T4 - il programma di eutanasia nazista -, definendolo «assolutamente inumano», e nel costruirsi una solida reputazione di oppositore del Reich sostenendo di aver rischiato in prima persona per salvare bambini e disabili dallo sterminio.
Alcune ricerche recenti hanno però raccontato una storia diversa, facendo venire a galla molti elementi oscuri della psichiatria viennese negli anni tra le due guerre e descrivendolo come un uomo che ebbe legami col regime e operò consapevolmente all’interno di quel sistema omicida.
Dopo anni di studi approfonditi lo storico della medicina dell’Università di Vienna Herwig Czech è stato in grado di dimostrare che Asperger usò diagnosi di autismo e disabilità per sostenere l’eugenetica nazista e contribuì alla soppressione di bambini "inadeguati", ovvero devianti dall’ideale ariano. Le conclusioni del lavoro di Czech sono state pubblicate sulla prestigiosa rivista statunitense "Molecular Autism" e poi riprese e ampliate da un libro della storica di Stanford Edith Sheffer tradotto in italiano col titolo I bambini di Asperger. La scoperta dell’autismo nella Vienna nazista (Marsilio).
Sheffer ha ricostruito il quadro completo della vita e del lavoro di Asperger durante il Terzo Reich affermando che «il sistema di sterminio fu reso possibile proprio da persone come lui, che si destreggiavano in maniera acritica tra diversi ruoli». Avvalendosi di una mole imponente di fonti d’archivio finora in parte inedite, la studiosa è riuscita a dimostrare che Asperger fu di fatto complice di Erwin Jekelius, il famigerato direttore della clinica di pedagogia curativa Spiegelgrund, a Vienna, dove fu applicata l’eutanasia a bambini disabili, orfani e "degenerati razziali".
Asperger era a conoscenza che in quella clinica i bambini considerati "geneticamente inferiori" erano lasciati morire di fame oppure uccisi con iniezioni, tuttavia non si fece alcuno scrupolo nel farvi trasferire dozzine di piccoli pazienti affetti da varie forme di disabilità. Sia Czech che Sheffer citano il caso eloquente di due bambine che arrivarono allo Spiegelgrund in seguito a una raccomandazione del medico viennese che segnò di fatto la loro condanna a morte: Herta Schreiber, di due anni e mezzo, aveva sofferto di meningite e difterite, mentre Elisabeth Schreiber, di cinque anni, era affetta da «irrequietezza motoria».
Tra il 1940 e il 1945 circa ottocento bambini morirono nella clinica degli orrori alle porte di Vienna e tra questi, almeno una quarantina furono fatti entrare proprio su suggerimento di Asperger, come dimostra inequivocabilmente la sua firma in calce alle lettere di trasferimento. In molti casi i genitori affidarono in buona fede i figli ai medici e quando si recavano per riprenderli, scoprivano che erano morti "di polmonite" o in circostanze misteriose.
Il libro di Sheffer non si limita però a denunciare le responsabilità di Asperger nell’abisso che inghiottì le vite di tanti bambini, ma dimostra in modo convincente che le idee fondamentali sull’autismo emersero in una società che propugnava l’opposto della neurodiversità e fa quindi comprendere come certe diagnosi vengano spesso influenzate in modo decisivo dalle forze sociali e politiche.
Sotto il regime di Hitler la psichiatria divenne parte di un progetto per classificare la popolazione come "geneticamente" adatta o inadatta. La stessa definizione di autismo come "psicopatia" fu modellata dall’ideologia nazista e introdotta da Asperger nel 1938, pochi mesi dopo l’annessione dell’Austria da parte del Reich. Il medico viennese, spiega Sheffer, ricorse alla immagine degli individui «asociali» e «dissociali » della psichiatria nazista, attribuì loro tratti sadici e maliziosi, e sostenne che nei casi più gravi sarebbero cresciuti «vagando per le strade come automi grotteschi». Altri passaggi chiave del libro vedono Asperger pronunciarsi chiaramente a favore delle leggi sulla sterilizzazione forzata, affermando che alcune persone erano un peso per la comunità ed era quindi giusto impedire che si riproducessero. Proprio da quelle leggi sarebbe poi scaturita la famigerata operazione Aktion T4, che impose il ricovero di adulti e bambini affetti da determinate patologie in apposite strutture per la "purificazione della razza".
Inevitabilmente, le rivelazioni agghiaccianti sulla complicità e il sostegno attivo di Hans Asperger con la macchina dello sterminio nazista non hanno mancato di creare scalpore all’interno della comunità accademica internazionale. Lo stesso uso del suo nome per identificare la sindrome è diventato argomento di dibattito all’interno del mondo scientifico e nel 2019 l’Organizzazione Mondiale della Sanità dovrebbe decidere di rimuoverlo definitivamente dalla classificazione internazionale delle malattie.