Agorà

Shigeru Ban. L'archistar di cartone

Leonardo Servadio martedì 10 giugno 2014
Quando finisce il rotolo di carta da fax o di carta da disegno, rimane il tubo di cartone su cui si avvolgeva. E allora che si fa? Lo si butta via? «Sono tubi belli e solidi – dice Shigeru Ban – per questo ho deciso di riutilizzarli. Sono andato in una fabbrica dove li producono e ho constatato che possono sfornarne di qualsivoglia diametro o lunghezza». E i tubi di cartone sono diventati colonne, e le colonne accostate tra loro sono diventate pareti. Nato 56 anni fa a Tokyo, Shigeru Ban riceve quest’anno il premio Pritzker (la cerimonia si terrà venerdì 13 giugno presso il Rijksmuseum di Amsterdam), considerato il Nobel dell’architettura. Si presenta non come archistar bensì come antistar, a partire dai materiali che sceglie per le sue opere in cui privilegia, appunto, i tubi di cartone. Anche gli antichi Greci usavano fitte serie di colonne, ma composte di rocchi di pietra. Shigeru appartiene a un altro mondo: non cerca la permanenza, ma la possibilità di costruire in fretta per sopperire alle condizioni di necessità che si verificano ove avvengono disastri.C’è chi pensa l’architettura come monumento, Shigeru la intende come strumento di soccorso. E ripete: «Non sono contrario ai progetti monumentali. Solo credo che si possa lavorare di più per ciò che è pubblico. Gli architetti tendono a non studiare le case d’emergenza perché sono troppo impegnati a costruire per i privilegiati... Quando ero studente, constatavo che tutti lavoravano per i grandi imprenditori immobiliari, per costruire edifici di grandi dimensioni». Si era alla fine degli anni Settanta e l’idea del riciclaggio dei materiali stava cominciando appena ad affacciarsi. «Ma oggi – continua il progettista giapponese – sono molti i giovani professionisti che chiedono di unirsi al mio gruppo, per lavorare nei programmi che attuiamo nelle zone disastrate. Le cose stanno cambiando, e questo è molto incoraggiante».Poche parole, Shigeru Ban le ripete ovunque vada. E specifica: «Incontro in ogni parte del mondo giovani che vogliono seguire questa strada. Giovani architetti che chiedono di unirsi al mio team». Questo è "Van", Voluntary architects network, una organizzazione non governativa da lui fondata nel 1995.La vicenda che ha portato Shigeru alla notorietà è stata la sua opera in Ruanda, nel 1994: era scoppiato lo scontro genocida tra Hutu e Tutsi; centinaia di migliaia i morti; milioni i profughi affollati in accampamenti improvvisati. Shigeru andò dall’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati e propose i suoi progetti per migliorarne le condizioni. Le strutture metalliche fornite dall’Onu venivano smantellate dai rifugiati che ne vendevano il materiale. Usare il legno era difficoltoso: servivano molti alberi e cospicui costi di trasporto. I rotoli di cartone invece sono disponibili a basso prezzo, si trasportano facilmente (sono cavi all’interno) e sono materiale povero e riciclato, così non c’è modo di rivenderli, e anche se ne servono molti il loro costo non aumenta.Nel 1995 ci fu il terremoto di Kobe, in Giappone. Un’intera città sconquassata, migliaia di vittime. Shigeru come fondamenta usò cassette per le bottiglie di birra riempite di sabbia, da cui salivano i suoi pilastri di cartone. Le case così concepite si costruivano in quattro e quattr’otto. Ma a Kobe era necessaria anche una chiesa, e Shigeru la progettò con 58 tubi di cartone alti 5 metri allineati sul perimetro di due ellissi concentriche, così che i pilastri formassero un camminamento perimetrale che lascia libero lo spazio interno. La copertura in tensostruttura è simile a quella di una tenda. Con le vernici idrorepellenti il cartone è stato reso impermeabile. L’hanno chiamata "Cupola di Carta". Doveva essere temporanea, ma restò dieci anni e si decise di smantellarla solo perché era ormai troppo piccola per la comunità che vi si raccoglieva. A Taiwan la richiesero, così è stata smontata e rimontata nel villaggio di Taomi. La struttura è diventata permanente anche se mantiene il disegno di una tenda e si trasporta con facilità: i tubi di 5 metri pesano solo 60 chili e possono sostenere ciascuno millecinquecento chili; la sua leggerezza e la sua elasticità la rendono sicura a fronte della minaccia di terremoti frequentissimi in quella zona del Pacifico.Nel 2013 in Nuova Zelanda, ha progettato anche una cattedrale di cartone, dalla facciata a triangolo. Quanto alla durata degli edifici di cartone, Shigeru Ban dice: «Non è qualcosa che possano decidere gli architetti, dipende da chi li usa. Anche un edificio di cemento può essere temporaneo». Infatti i suoi edifici persistono, da quando cominciò a usarli negli anni ’80. Se ne trovano nelle aree disastrate in Giappone, Cina, Sri Lanka, India, Haiti e altrove. Anche all’Aquila Shigeru è intervenuto costruendo una nuova sala per concerti.Ha progettato anche edifici come il Centre Pompidou di Metz, in Francia. Ora a Manhattan si sta completando la sua ristrutturazione della Cast iron house, iconico edificio del 1882 caratterizzato da pannelli di ferro forgiato nel quale si sono ricavati appartamenti costosissimi. Ma il Pritker gli è stato dato per le sue architetture di cartone. Come ha scritto Tom Pritzker, il presidente della Fondazione che gestisce il premio: «Shigeru Ban guarda alla materia in modo diverso da noi. Vede un certo materiale e pensa "un momento, questo lo posso riciclare per qualcosa che sia veramente utile!"».