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Archeologia. Ad Aosta riapre rinnovato il museo dell'area megalitica

Redazione Agorà sabato 11 novembre 2023

Una sala del museo megalitico di Aosta

L’Area megalitica di Aosta, una delle più interessanti e ricche aree megalitiche d’Europa, torna ad accogliere il pubblico dopo un’importante operazione di rinnovamento e riallestimento dal punto di vista museale e museografico, durata più di un anno. Il gioiello archeologico è unico per molti motivi: l’antichità dei reperti, che partono dal 4200 a.C., il fatto che siano stati mantenuti nella sede del loro ritrovamento, l’avveniristico progetto architettonico del museo e gli allestimenti tecnologicamente all’avanguardia. «L’Area megalitica di Aosta è un sito la cui rilevanza storico-archeologica è senza dubbio proporzionale al notevole impegno profuso negli anni da diverse figure professionali per conoscerlo, studiarlo, tutelarlo, valorizzarlo e renderlo fruibile», afferma Cristina de La Pierre, Soprintendente per i beni e le attività culturali.

L'area megalitica Saint-Martin de Corléans, Aosta - Enrico Romanzi photos

Una superficie di quasi un ettaro che racchiude circa seimila anni di storia, sepolti e poi riemersi dal 1969 ad oggi. Antichi riti fondativi, tumuli funerari, dolmen e stele di pietra dal profilo umano, ma anche testimonianze dell’epoca romana e altomedievale. L’Area megalitica propone un’immersione fisica nel passato, per comprendere meglio le origini e la complessità della storia umana. Un'esperienza avvolgente, cullata dalle note leggere, appena percettibili, del Maestro Giovanni Sollima, che ha composto l’identità musicale del sito.

Un nuovo ingresso del museo accoglie i visitatori con tre monoliti di ferro colorato, posti come stendardi sopra la pensilina che protegge l’entrata. Il percorso inizia con un’immagine emblematica: la Rampa del Tempo, un corridoio discendente che permette di compiere un viaggio a ritroso: 6mila anni indietro nel tempo a sei metri di profondità. Qui viene proiettata una sequenza di date, dal presente fino agli ultimi secoli del V millennio a.C. Terminato il conto alla rovescia la vista si spalanca sull’area coperta, una grande “navata” che custodisce le strutture preistoriche, datate dalla fine del Neolitico all’età del Bronzo Antico. E' il risultato di un complesso scavo iniziato nel 1969 e proseguito fino a oggi, che ha portato alla luce testimonianze intatte di un passato ancora avvolto nel mistero. Lentamente tutti i dettagli, tra cui il dolmen che svetta al centro, le arature rituali (una serie di solchi riconducibili al Neolitico), i pozzi, le buche di palo, il tumulo funerario e perfino delle orme umane emerse durante gli scavi di questi ultimi anni, si svelano, prima come geometrie di un articolato disegno generale, e poi come insieme di particolari. Grazie ai fari orientabili, un gioco di luci simula il sorgere e il tramontare del sole e proietta sul terreno le ombre dei reperti.

Originariamente allineate ai pali lignei, le oltre 40 stele antropomorfe rappresentano la prima manifestazione del megalitismo nel sito di Saint-Martin-de-Corléans. Si tratta di monumenti celebrativi dedicati al culto di guerrieri, eroi o divinità, una testimonianza artistica oltre che rituale o religiosa. Le più arcaiche presentano tratti essenziali, mentre le più evolute mostrano una raffigurazione dettagliata di parti del corpo, abiti, ornamenti e armi. La funzione funeraria permea, in epoche diverse, l’intero sito. Sono stati innalzati monumenti funebri costruiti con grandi pietre, dette megaliti: tra queste risalta, anche visivamente, un dolmen imponente, a piattaforma triangolare. Sono inoltre presenti sepolture di differente tipologia: a cista (costituita da sei o più lastre di pietra a formare una “scatola”); dolmen semplici, con piattaforma circolare; dolmen a corridoio, cosiddetti allées couvertes; e, infine, sepolture connotate da una grande fossa con massiccio muro circolare di delimitazione.

Una scoperta recentissima fatta dagli archeologi della Soprintendenza consiste nel ritrovamento di una serie di orme umane impresse nel terreno, il cui studio, tuttora in corso, ha già fornito importanti informazioni su coloro che lì vivevano e coltivavano la terra. Si tratta delle orme umane più antiche della regione, datate al 2200 a.C. circa, ovvero nel momento di passaggio tra l’età del Rame e l’età del Bronzo. Rimaste impresse su terreni arati, si sono conservate grazie al preesistente terreno argilloso, su cui si sono depositati strati protettivi di colate detritiche e terreno di esondazioni. Dalle indagini risulta che appartenessero a individui con calzature piatte, tipo babbucce.

Al piano superiore protagonista è l’epoca romana. Simulando un viaggio lungo la Via delle Gallie, si raggiunge l’antica Aosta, Augusta Prætoria, per esplorarne il territorio extra-urbano. Le numerose evidenze archeologiche di epoca romana nel sito di Saint-Martin-de-Corléans si riferiscono ad attività insediative e funerarie. Se una prima sezione è dedicata agli insediamenti rustici e ai temi della vita quotidiana, un’altra sezione evidenzia le necropoli scavate sotto la chiesa parrocchiale di Saint-Martin-de-Corléans. Le tombe vantano corredi particolarmente ricchi, che denotano l’agiatezza degli abitanti. Dopo l’epoca romana l’edificio rustico fu abbandonato e trasformato in area agricola. Venne comunque mantenuta in funzione la strada individuata sotto l’attuale corso Saint-Martin-de-Corléans, preziosa arteria di transito, con l’aggiunta, in età altomedievale, di un possente muraglione e un nuovo fondo viario. Risale a questo periodo l’edificazione della chiesa dedicata a San Martino di Tours, la cui prima menzione si trova in una bolla papale datata 1176. «La grandiosità e la ricchezza di un sito come l’Area megalitica fanno di Aosta una capitale del megalitismo europeo», dichiara Jean-Pierre Guichardaz, Assessore regionale per i Beni e le attività culturali, Sistema educativo e Politiche per le relazioni intergenerazionali. «Con l’apertura di questo sito, allestito secondo standard decisamente elevati, si arricchisce il sistema dell’offerta culturale regionale di un gioiello di portata internazionale che, oltre ad impreziosire il patrimonio archeologico cittadino, conferma e rafforza l’identità storico-culturale di un territorio alpino di confine, da sempre luogo di incontro, scambio e contaminazione culturale».