Tv. Arbore fa ancora boom: «La canzone è cultura»
Un altro boom targato Renzo Arbore. E targato Napoli. Stavolta a moltiplicare il proprio share non è Rai 2 ma la più culturale e tematica Rai 5. Merito della canzone napoletana, certamente. Ma un merito da dividere a metà con il suo innamorato ambasciatore da quasi trent'anni, da quando con l'Orchestra Italiana Reginella, Luna Rossa e naturalmente 'O Sole mio varcano i mari e i confini del globo per esportare questo immenso patrimonio musicale, artistico e culturale che ci connota nel mondo. Così ieri sera al debutto della sua nuova incursione televisiva con Ll'arte d' 'o sole (le prossime due puntate andranno in onda sempre in prima serata mercoledì 19 e il successivo 26 giugno) Arbore ha fatto schizzare lo share di Rai 5 da una media di rete dello 0,5% al 2,1% dei telespettatori. «Non è furbizia - spiega Arbore - ma è la forza della qualità. Che in questo caso è fatta di musica e di cultura. Io mi sono stufato di sentir dire che la televisione non debba essere educativa. Invece deve esserlo, deve arricchire. Deve aiutare il pubblico a conoscere. Questo nuovo programma vuole far capire la grandezza di un patrimonio artistico che il mondo ci riconosce, con la grandezza di certe straordinarie melodie e la forza poetica e letteraria di testi immortali che non hanno età».
«È stata un'altra serata di grande tv quella che ci ha regalato uno straordinario Arbore - commenta il quasi mezzo milione di telespettatori (448mila) che ha fatto di Rai 5, nel prime time di ieri sera, la seconda rete più vista dei canali tematici del digitale terrestre, il direttore di Rai Cultura Silvia Calandrelli - e il pubblico ha premiato un programma che è un atto di amore per Napoli e per la canzone napoletana, capace di superare ogni confine, ma che è anche un'ulteriore prova dell'arte di Renzo, capace di continuare a regalare emozioni. A lui il mio grazie per la sua tv di qualità che fa concretamente cultura». Già, la proverbiale “altra tv” di Arbore, quella cominciata più di quarant'anni fa con L'altra domenica ed esplosa con Quelli della notte e Indietro tutta, per non parlare di Doc e poi nel terzo millennio di Meno siamo meglio stiamo. E che non si ferma, visto che in questo stesso giugno il Renzo nazionale lo si vedrà anche lunedì 17 su Rai 2 con un meglio di Guarda... stupisci (la sua penultima fatica, partita lo scorso dicembre) e, nel giorno del suo ottantaduesimo compleanno, lunedì 24 giugno, con un concerto stavolta con i suoi Swing Maniacs tenuto quattro anni fa al Teatro Regio di Parma e intitolato Io faccio 'o show, riprendendo il titolo del toccante brano con cui si congedò dal suo pubblico nell'ultima puntata di Indietro tutta in quel lontano 1988.
Intanto la mission di Arbore è continuare a divulgare, anche attraverso Internet, «uno strumento fondamentale oggi per connettere i giovani a un patrimonio culturale artistico che non è del passato ma è da proiettare nel futuro. Io da anni ho un mio canale web su cui ho messo pezzi meravigliosi di televisione, di musica e di spettacolo in generale. Compresa naturalmente la canzone napoletana e i miei ventotto anni con l'Orchestra Italiana (la prima tappa del tour estivo sarà l'11 luglio proprio a Napoli, all'Arena Flegrea) con cui abbiamo portato, con 1.500 concerti, queste canzoni dalla Piazza Rossa di Mosca alla Cina, dal Radio City Music Hall di New York al Sambodromo di Rio de Janeiro. Un marchio di fabbrica dell'Italia e una forma d'arte di eccezionale qualità che accomuna ogni sorta di musicista e compositore. Persino Donizetti scrisse canzoni in stile napoletano. Con testi che sono autentiche liriche, basti pensare a Salvatore Di Giacomo. La canzone napoletana è vera e propria letteratura. E pensare che per decenni è stata snobbata. Invece anche grandi jazzisti l'hanno riscoperta e rivalutata, vedi uno come Stefano Bollani. Ma credere che quello che viene dall'estero sia meglio è un vizio tutto italiano».
Ci era arrivato per primo, del resto, proprio un napoletano doc come Renato Carosone, quando cantava Tu vuo' fa' l'americano. «Tranne una volta, e se ne pentì, lui non fece l'errore di stravolgere melodie e armonie per compiacere l'onda sonora del momento. La canzone napoletana, che vorrei avesse il riconoscimento di patrimonio dell'Unesco, ha una sua unicità immodificabile. Contiene dei veri e propri evergreen, grazie alla forza eterna della melodia che è una prerogativa tipicamente italiana. Non va mai cambiata, come ci ha insegnato appunto uno come Carosone. Del resto, gli stravolgimenti al pubblico non piacciono mai. E' la nostra cultura, di cui dobbiamo essere orgogliosi. Ma per esserlo, bisogna conoscere. E la televisione ne ha il compito. Invece negli ultimi anni ha imperato troppo la tv diseducativa che impoverisce. E questo Paese si è impoverito».