Intervista. Arbore, una vita ad alto gradimento
Renzo Arbore
Un Arbore sempreverde e in piena fioritura. Frutti di stagione tutto l’anno, i suoi. Così nel mazzo in allestimento di Rai-Play è appena rispuntato Quelli della notte in attesa delle 65 puntate di Indietro tutta e giù giù fino a Speciale per voi, pionieristico talk musicale pensato per i giovani di fine anni Sessanta. Da una costola del Renzo Arbore Channel, in piena ebollizione in questi giorni di Corona–clausura, è nato poi 50 sorrisi da Napoli con chicche d’antan e goliardate come la riconversione fatta dall’attore Maurizio Casagrande dell’inno generazionale Ma la notte no in Resto a casa mo’, un esortar cantando a non uscire. Ma soprattutto fervono i contatti di Arbore con i vertici di Rai 2: «Stiamo vedendo se si riesce a fare da casa mia un nuovo programma tv».
E mentre il video in quest’ora del bisogno torna a corteggiare il pioniere e inventore di linguaggi e format diventati pietre miliari della comunicazione di massa di qualità, mezzo secolo fa un manipolo di cospiratori stava tramando proprio in questi giorni per far detonare un’altra rivoluzione targata Arbore, stavolta radiofonica. La bomba a orologeria era stata programmata per esplodere sul secondo canale all’ora di pranzo del 7 luglio 1970. Con la sigla Rock around the clock partiva Alto gradimento e la radio non sarebbe più stata la stessa.
«Io e Gianni Boncompagni, insieme a Mario Marenco e Giorgio Bracardi, abbiamo rinnovato una radiofonia che in quel periodo sembrava moribonda e destinata a essere soppiantata dalla tv – ricorda lo showman –. A maggio di 50 anni fa salutammo per sempre Bandiera gialla, innovativo programma partito cinque anni prima con cui dimostrammo che la radio poteva continuare a essere la beniamina dei giovani. Ma con Alto gradimento l’operazione di rinnovamento fu ancora più importante perché fece capire che la radiofonia era e restava il media più veloce, portatile e virale».
Quale fu la carta vincente del programma?
L’improvvisazione. Prima il copione di qualsiasi programma di intrattenimento era scritto. Noi invece, anche con una forte dose di incoscienza, ci siamo inventati l’intrattenimento improvvisato. In questo un maestro assoluto è stato Marenco. Pochi mesi fa lo abbiamo ricordato a Roma in una serata a lui dedicata. Il pubblico ha riso per un’ora e mezza.
Com’era davvero Marenco?
Marenco è stato un grande umorista, ma non discendeva da nessuno e non ha avuto epigoni. Non aveva ambizioni e della popolarità non gli importava niente. La sua professione era quella di architetto e designer. Aveva un animo nobile ed era un artista puro che lavorava per sé. Forte anche di una notevole cultura che gli consentiva di caratterizzare in un certo modo i personaggi che inventava. Lui non imitava, usava la pura fantasia. E noi la traducevamo in personaggi e gag, dal colonnello Buttiglione alla Sgarambona al professor Aristogitone. Poi anni dopo, in tv, Riccardino a Indietro tutta con Nino Frassica.
A proposito di televisione, lei è stato il primo a raccogliere due settimane fa l’appello di Pupi Avati alla Rai.
Pupi mi aveva telefonato per dirmi della sua lettera aperta per chiedere che in questo periodo, con la gente a casa, la Rai provasse a fare più cultura con il suo enorme archivio. Il presidente Foa ci ha anche dato ragione, ma dicendo che più di così la Rai non può fare. Un alibi che ha i nomi di Rai 5, Rai Storia, Rai Premium e RaiPlay.
Insomma, chi vuole cultura saprebbe dove andarla a trovare…
Però Pupi diceva altro, cioè che questa sarebbe l’occasione di ri–alfabetizzare il pubblico usando le reti generaliste per far vedere alcuni dei migliori programmi prodotti in tanti anni. Una tv un po’ più artistica, approfittando del fatto che con il Coronavirus le tre reti principali sono tornate ad essere molto viste. La Rai ha il dovere di marcare sempre più la differenza con Mediaset.
Concorrenza a cui lei non ha mai strizzato l’occhio…
Mediaset anche adesso continua imperterrita come se niente fosse a trasmettere della robaccia. Il punto più basso l’ha toccato con l’”Eterno riposo” recitato da Salvini e Barbara D’Urso. Un mix di cattivo gusto aver inserito in un programma di così basso livello una preghiera intima che diciamo in coda alle nostre più personali implorazioni e meditazioni.
Tornando alla Rai, converrà anche lei che comunque molta parte del repertorio del passato non sarebbe oggi granché appetibile.
Certo, bisogna distinguere con accortezza tra i programmi replicabili e quelli non più fruibili. Tenendo conto dei ritmi e del grado di attualità. Alcuni programmi sono datati perché fanno troppo riferimento a personaggi o accadimenti circoscritti al momento in cui sono stati realizzati e trasmessi.
Per esempio?
Certi programmi di satira politica di Serena Dandini, comprese le pur straordinarie parodie di Corrado Guzzanti. Rai a parte, anche uno come Crozza che oggi va benissimo non sarebbe replicabile domani con lo stesso appeal. Discorso simile per i film, la cui programmazione in tv è spesso dettata dal criterio del facile ascolto.
La solita dittatura dell’Auditel?
L’Auditel resta sempre il dominus. Sono lontani i tempi in cui ci si abituava ad apprezzare film che adesso nessun giovane riuscirebbe a vedere, per la drammaticità e la lentezza. Ricordo invece che alla fine ci si appassionava e si imparava a capire e amare certe figure. A me è capitato con gli anziani guardando Umberto D di De Sica. Da ragazzo al cinema si andava spesso a piangere, ma poi è arrivato Totò. Non a caso quando nel 50° della morte proposi all’Università Federico II di Napoli di conferirgli la laurea honoris causa lo definii il “grande consolatore”.
Come sono le giornate di Arbore al tempo del Coronavirus?
Frenetiche, sto lavorando in continuazione. Ho trovato nel mio archivio cose straordinarie che sto riguardando e rileggendo. Io accortamente quando facevo una trasmissione televisiva mi facevo mandare la registrazione in dvd. Alcune le ho messe sul mio canale, ma molte no. Reperti di Roberto Murolo o Renato Carosone, per esempio. Filmati memorabili che allora sembravano cose normali, ma che adesso sono da considerare rarità sia perché certi personaggi non ci sono più sia perché sono momenti altamente artistici. Ma il Coronavirus un paio di scherzi me li ha fatti.
Di cosa si tratta?
Con la chiusura delle librerie abbiamo dovuto rimandare a fine anno l’uscita di un libro su di me che si intitola Renzo Arbore. La rivoluzione gentile. Ma, soprattutto, la mattina di mercoledì 1° aprile, prima dell’udienza generale, insieme al mio amico Gianni Garrucciu avrei dovuto vedere in privato papa Francesco. Incontro che ovviamente è saltato, ma che spero di fare molto presto.