L'attore. Andrea Pennacchi: «Amo l'Odissea e la satira»
Andrea Pennacchi
Andrea Pennacchi da Padova, è uno di quegli attori capaci di conquistarsi un proprio spazio palmo a palmo a forza di duro lavoro, a testa bassa come i veneti sanno fare. Oggi, a 54 anni, con quell’aria burbera e gli occhi furbi, la voce ruvida e il fisico da rugbysta (“ho militato nel Selvazzano, mica una squadretta» sorride ) è arrivato al Nastro d’argento per la serie Netflix Tutto chiede salvezza, dove è il padre di un ragazzo affetto da disagio mentale. Riconoscimento che arriva dopo tanto teatro (dove si è affermato come drammaturgo) e cinema, con Andrea Segre e Carlo Mazzacurati, per arrivare al successo televisivo della serie Petra su Sky con Paola Cortellesi e agli irresistibili monologhi semiseri del Pojana a Propaganda live su La7. Sono tre i progetti teatrali con cui l’artista con la sua Compagnia Teatro Boxer, accompagnato dalle musiche di Giorgio Gobbo, gira l’Italia quest’estate: Pojana e i suoi fratelli (il 9 settembre tappa a Roma presso il Teatro romano di Ostia Antica) , Una piccola Odissea, Shakespeare & Me - Ovvero come il bardo mi ha cambiato la vita, questa sera a Jerzi (Nu) e al Teatro Romano di Verona il 6 e 7 settembre.
Andrea Pennacchi, lei come ha scoperto la recitazione? Mi sono laureato in Lingue all’Università di Padova, ma in realtà volevo fare il pilota dell’Alitalia dato che avevo preso il brevetto come allievo ufficiale dell’Aeronautica. Però quando ero all’Università per curiosità mi sono iscritto a un corso di teatro, ma non ne sapevo nulla. Al Centro universitario teatrale di Padova mi sono divertito moltissimo. Arrivando dall’esperienza di mi-litare, mi sono trovato in una attività con un lavoro disciplinato e duro, ma dove si rideva moltissimo.
Lei è diventato anche drammaturgo proseguendo nel filone teatrale della grande tradizione veneta... La letteratura veneta racconta moltissimo dell’Italia, abbiamo una tradizione teatrale che era nazionale fino ai primi del Novecento. Certo, gioco sullo stereotipo del veneto oggi. Fa più ridere se Poiana, prototipo del padroncino veneto tutto capannoni, odio e schei, dice una cosa razzista, ma cerco di equilibrarla: spesso l’imprenditore veneto è più complesso dello stereotipo. Lo stesso che fa il commento razzista, dedica magari la sua vita al volontariato. C’è un desiderio verso il meglio che accomuna noi veneti, ma anche una profonda delusione, una rabbia, una paura.
Lei ha anche proposto su Rai 5 (ed ora su Rai Play) due strepitosi monologhi sotto il titolo “Omero non piange mai”: “Eroi” sull’Iliade e “Piccola Odissea”.
Io per anni, prima della popolarità tv, ho fatto tante piazze con l’Iliade, abbiamo accettato qualsiasi data dalla sagra del prosciutto ai teatri più istituzionali. Ora racconto l’Odissea partendo dal mio rapporto personale con questo poema epico. Ho cominciato a leggerla da piccolo: non arrivo da una famiglia di intellettuali, ma una copia in prosa dell’Odissea è finita tra fra le mie letture che erano molto varie. Da lì è nata la passione per i suoi personaggi. Il centro di tutto non sarà più la nave o la corte dei Feaci, ma Itaca, il palazzo e la baracca di Eumeo il porcaio.
E il rapporto con Shakespeare?
Shakespeare l’ho letto all’università, grazie a dei bravi docenti l’ho amato prima del teatro per le storie che raccontava. Ho capito che i suoi racconti mi rendevano più abile alla vita, più pronto ad affrontare le difficoltà e i cambiamenti. La mia fortuna è quella di non essere arrivato ai classici dal punto di vista accademico, e questo mi aiuta con il pubblico giovane.
Come si è avvicinato al cinema?
Io e Andrea Segre organizzavamo un festival che univa teatro e cinema. Con lui girai il suo primo film Io sono Li da lì sono arrivati film e tv. Devo ringraziare anche Maria Sole Tognazzi che ha creduto in me affidandomi in Petra, dove faccio il vice ispettore, il mio primo ruolo tv importante accanto a Paola Cortellesi. Il Nastro d’argento come miglior attore non protagonista per “Tutto chiede bellezza” di Netflix è stata una grande soddisfazione. Ora stiamo girando la seconda serie, è un lavoro molto bello perché parla di un tema tabù, malattia mentale e disagio, cosa che sta venendo fuori prepotente dopo il Covid.
Altri progetti?
Ho avuto l’idea folle di scrivere un romanzo. Il protagonista è Shakespeare che da giovane viene nel Veneto e scopre dei crimini. Poi ho il privilegio di essere uno dei protagonisti di un film per la Rai sugli istriani La rosa dell’Istria: sono il capofamiglia di una famiglia istriana esule in Italia. A teatro sarò protagonista di un nuovo spettacolo teatrale Arlecchino?, in coproduzione con Teatro Stabile del Veneto e Gli Ipocriti per la regia di Marco Baliani, che debutterà a gennaio 2024. E’ una riscrittura del Servitore di due padroni dove io interpreto Arlecchino.