Musica. Anastasi, la mia canzone contro le mafie
Giuseppe Anastasi
Se quasi trent’anni fa il marziano, tipo strano e sangue misto precipitato sul pianeta terra da Lucio Dalla con un perentorio nomignolo ambiva soltanto a farsi invitare a un talk show, c’è chi oggi invece non vede l’ora di sfuggire a certi ammorbanti salotti televisivi. «Via dal pianeta, su una cometa» canta Giuseppe Anastasi nel suo nuovo singolo Bla Bla Star, «“popeton” mix di pop e reggaetton ». Atmosfera estiva, agli antipodi rispetto al sentimentale Berlino, primo assaggio dell’imminente secondo album. « Bla bla Star è una canzone allegra, ma non troppo – spiega il 43enne autore palermitano che undici anni fa lanciò Arisa a Sanremo Giovani con Sincerità per poi vincere il Festival nel 2014 con Controvento –. A me certa televisione non piace e quando mi capita di guardarla mi imbarazzo e vorrei fuggire via dal pianeta. Il video e il ritmo della canzone sono funzionali, servono per indorare la pillola». Da ieri in radio, in streaming e digital download, il brano è online anche in video (diretto da Giacomo Moschetti) con Anastasi che si improvvisa ballerino in un set doverosamente “casalingo” con tanto di simulata doccia in abiti borghesi.
Anastasi, com’è andata la quarantena?
In famiglia, con serenità. Mi spiace molto però aver dovuto sospendere le lezioni di musica che tengo al Cet di Mogol che dista sedici chilometri da casa mia, in Umbria. Intanto tengo nel cassetto il mio nuovo album.
Quando uscirà?
A questo punto in autunno. S’intitola Schopenhauer ed altre storie: tredici pezzi in cui parlerò di tutto. Anzitutto d’amore, ma più universale che di coppia. Poi società, sociologia, politica, filosofia: un album che mi rispecchia molto, ci sono tutti i temi che piacciono a me.
Canzoni ravvicinate del nuovo tipo?
No, direi che è proprio sulla scia del precedente Canzoni ravvicinate del vecchio tipo, ma con qualche novità nelle tematiche e nei suoni. Lavorare a questo disco mi ha messo più ansia del primo, che avevo fatto in scioltezza. Poi però è arrivata la Targa Tenco e ora mi sento atteso al varco. I musicisti sono gli stessi del primo, l’abbiamo arrangiato insieme.
Perché ha scomodato Schopenhauer?
Perché come canto in Bla Bla Star a volte vorrei fuggire da questo strano mondo. Il filosofo tedesco diceva che l’uomo è un animale stupido. Io mi accodo, ma mi limito a notare che l’uomo in generale ha una memoria corta. E noi italiani ancora di più. In questa quarantena ho capito ancor meglio che governare il nostro Paese è difficilissimo. Lungo, stretto, in mezzo al mare e con 60 milioni di abitanti che se non c’è un Mondiale di calcio non sanno cosa sia il bene comune. Non c’è unità, a partire dai politici. Dopo un iniziale apparente idillio di solidarietà e di comprensione è tornata la litigiosità, la polemica sterile. Anche tra la gente a casa che dalle tastiere e dai social si accoda a questo andazzo. La vera protesta sarebbe andare in piazza, anche con le mascherine. Invece ci piangiamo addosso, altra caratteristica molto italiana.
Resterà qualcosa di costruttivo di questo periodo?
Io spero vivamente che questa pandemia e quanto abbiamo passato dia una lezione non solo a noi italiani, ma all’umanità intera. Spero in politiche sociali diverse, perché abbiamo forse finalmemte capito quanto la sanità, la famiglia e l’istruzione siano state bistrattate in tutti questi anni. E come vorrei che si superasse questa forma di capitalismo che pensa solo al profitto.
Temi del nuovo album?
Sono dei nodi cruciali. Noi non ci siamo evoluti al passo della tecnologia, combattiamo ancora con l’invidia e con l’Ego. Benché adulti, siamo troppo simili ai bambini piccoli, la cui prima parola è “mio”. Da grandi facciamo finta di stemperare questo istinto, ma purtroppo rimane.
La tecnologia ci migliorerà?
Nei libri di storia futuri si leggerà dell’uomo prima e dopo Internet. Un solco fondamentale nella storia e nell’evoluzione o, meglio, involuzione. Con uno smartphone in mano i ragazzi hanno idea di poter andare su Internet, fotografare e fare video, non di telefonare, la funzione per cui è nato. Significa assecondare l’Ego, non tanto comunicare. Così la società diventa sempre più individualistica.
In questi mesi abbiamo visto tanti eroi. In un suo brano, L’aldiqua, li contrapponeva agli avvoltoi e non era soltanto un’assonanza…
Gli avvoltoi ci saranno sempre, ma sono soltanto dei mangiatori di carogne. Dunque bisogna fare in modo che nessuno venga messo in condizione di morire, anche economicamente. Ma non voglio cadere nella retorica.
Da palermitano, la mafia l’ha mai incontrata?
Dal nuovo album io ho tolto una canzone, in siciliano. Erano 14, ora sono 13. Questa canzone parla della morte di Giuseppe Di Matteo, il figlio del collaboratore di giustizia Santino, il ragazzino sciolto nell’acido da Brusca e dalla cosca di San Giuseppe Jato. La utilizzerò per “Musica contro le mafie”, è una canzone a cui tengo in modo particolare. Chiunque possa denunciare la mafia lo deve fare sempre, soprattutto da siciliano. Io farei ogni tanto ritrasmettere in tv il maxiprocesso, perché la gente si possa rendere conto che la mafia esiste anche al di fuori delle fiction. Bisogna continuare a smuovere le coscienze, come avvenne in Israele sessant’anni con la diretta televisiva del processo al nazista Eichmann.
Da insegnante, come sono i giovani aspiranti autori?
Nei miei allievi noto come imprinting musicale la verbosità. Testi lunghissimi rappati o trappati, ormai nella stragrande maggioranza dei casi, che hanno come principale contenuto disagio di vivere, depressione, uso di droghe, mercificazione della donna, fuga dalla realtà e idolatria del denaro. Ma non voglio giudicare. Mi limito a osservare che se io a vent’anni potevo essere un ragazzo sereno, oggi sono cresciuti sentendo ovunque la parola crisi: dei valori, del lavoro, della famiglia. Vivono in un’epoca difficile, sono spaesati. E ora anche il Coronavirus, la pandemia del secolo. Andrebbero soltanto abbracciati.
I suoi giovani cosa possono chiedere oggi alla musica?
Mi limito a pensare cosa la musica può dare loro. Anzitutto uno straordinario apporto culturale, personale e collettivo. Ma non bisogna avere una mentalità razzista, è necessario predisporsi ad ascoltare. Guai ad avere pregiudizi, soprattutto se si vuole fare questo mestiere che apre al mondo.