Documentario. Ambiente, la scossa di Psihoyos
«Vogliamo scuotere le coscienze, soprattutto dei giovani, attraverso il cinema. Per farlo, ci ispiriamo a James Bond e a Jacques Cousteau». Parola di Louie Psihoyos, premio Oscar nel 2009 per la regia del documentario The Cove sulla caccia indiscriminata ai delfini in Giappone, che l’altra sera a New York ha presentato il lancio in contemporanea mondiale su Discovery Channel in 220 Paesi il 2 dicembre del suo Racing Extinction (L’estinzione delle razze), un film che denuncia la corsa dell’uomo verso la distruzione del pianeta. Psihoyos fa parte di quella serie sempre più nutrita di registi da Oscar, dall’apripista Al Gore ai francesi Jacques Perrin e Luc Jacquet, che uniscono attivismo e alti standard cinematografici per fare opinione sullo stato della terra. E che trovano nelle sale, ma soprattutto nel web e nella televisione, i mezzi ideali per eventi globali con la convinzione di potere cambiare le cose grazie al potere delle immagini.
«Raggiungeremo un miliardo di telespettatori potenziali in tutto il mondo – ci spiega Psihoyos –. Siamo l’ultima generazione rimasta per invertire la rotta». In Italia Racing Extinction sarà trasmesso il 2 dicembre alle ore 21 da Discovery Channel canale in esclusiva su Sky (canale 401/402 e in HD) mentre Animal Planet (altro canale del bouquet Discovery Italia sul canale 21 di Sky) domani trasmetterà solo immagini di lande desolate, senza animali. Discovery Italia inoltre coinvolgerà in un video musicale Patti Pravo e il Coro dei Piccoli Cantori di Milano. Racing Extinction unisce un team di attivisti ed esperti in una gara per proteggere dall’estinzione le specie in pericolo, estinzione legata tanto alla tratta illegale di animali rari, quanto alle emissioni di carbonio, nel film documentate in modo impressionante da speciali telecamere a raggi infrarossi. Spezzare il delicato equilibrio del ciclo della natura sta provocando una reazione a catena sempre più veloce, dalle conseguenze catastrofiche. Il film si apre con le immagini di centinaia di trofei di animali rari denunciando che entro il 2050 il 50% delle razze animali sarà estinto, a partire dagli elefanti che scompariranno fra 10 anni. Ed è particolarmente toccante ascoltare registrato il richiamo solitario dell’ultimo O’o di Kauai (uccello hawiano estinto negli anni 80) in attesa di una compagna che non arriverà mai. «Se un asteroide fu la causa dell’estinzione dei dinosauri, l’uomo po- trebbe essere l’asteroide di se stesso», racconta il regista che ha scelto un taglio fra lo scientifico e lo spettacolare, con una produzione da 5 milioni di dollari che vede in prima fila il produttore Fisher Steven, che con la sua Insurgent Media già ha portato all’Oscar The Cove. «Questa non è un’operazione per fare soldi, Hollywood non è interessata, i finanziamenti arrivano da privati», aggiunge spiegando che il 75% dei fondi arriva dalla fondazione ambientalista tedesca Okeanos, insieme a Vulcan Production e la Oceanic Preservation Society fondata dallo stesso Psihoyos. Il gruppo di lavoro del regista (fra cui il fotografo subacqueo e conservatorista marino Shawn Heinrichs e il fotografo Paul Hilton) ha messo in piedi una vasta operazione in incognito per portare alla luce il traffico di specie in pericolo (soprattutto legate all’alimentazione o alla medicina cinese) infiltrandosi nei mercati neri più pericolosi al mondo, tra Indonesia, Argentina, Thailandia, Cina, Hong Kong, Tonga e mostrando immagini inedite e raccapriccianti grazie a telecamere nascoste, col ritmo di una spy story. Se il film colpirà il pubblico, resta il dubbio su quanto possa veramente incidere sulle potenti lobby economiche e sulle politiche dei governi. È fiducioso il regista, che porterà il film anche a Cop21, il summit mondiale sull’ambiente a Parigi: «Il 2 dicembre i politici saranno tutti lì a Parigi e dovranno tenere conto di ciò che mostriamo anche perché il rischio a breve sarà di avere milioni di rifugiati climatici». Il leader che dà più fiducia, però, è papa Francesco. «Quando il Papa ha pubblicato l’enciclica Laudato si’ ho ringraziato Dio. Lui capisce quanto è importante l’ambiente», ammette Fisher. «Papa Francesco è uno dei leader che più ci ispirano in questo momento – aggiunge Psihoyos –. Non importa se sei cattolico o meno, lui è una rockstar ». I due affermano poi la loro speranza di una collaborazione con il Vaticano per un progetto conseguente all’enciclica del Papa. La speranza, però, non è assente dal documentario, la natura è mostrata in tutta la sua bellezza, dall’imponenza della balena blu alla perfetta miniatura del plancton che vengono sul finale proiettate in magnifiche immagini sui grattacieli di New York, mentre si suggeriscono piccoli gesti pratici quotidiani per seguire alimentazione ed energia sostenibili attraverso la campagna #StarWith1Thing, comincia con una cosa. «Le piccole scelte che possiamo fare ogni giorno possono influire sul nostro futuro», sostiene il regista. E un documentario ci salverà. Forse.