Tecnologia. Il telescopio Alma non ci vede ma ascolta il cosmo
La stazione del telescopio ALMA in Cile
All’occhio dei non esperti l’immagine qui sopra sembra una nube di gas dove, nel suo cuore, un’area biancastra potrebbe sembrare gas più denso e concentrato del resto e nulla più. Ma agli astronomi la “fotografia” racconta ben altro: quel che si vede sono gas relativamente freddi, se confrontati con le stelle, che si estendono tra due galassie che si stanno or ora scontrando tra loro. Dallo scontro sta nascendo una nuova galassia, chiamata NGC 6240, che si trova nella costellazione di Ofiuco, la quale dista da noi circa 400 milioni di anni luce. Sembra che i due buchi neri che si trovavano nel cuore di ciascuna galassia in futuro si fonderanno tra loro a formarne uno solo. È il destino che aspetta anche la nostra galassia, la Via Lattea, la quale tra 3 o 4 miliardi di anni si scontrerà con la galassia di Andromeda. Ed anche per questo lo studio di NGC 6240 è così particolarmente interessante. La nuova galassia, dalla forma ancora confusa, era già stata osservata molte altre volte da vari telescopi anche molto potenti, ma per capire cosa sta realmente succedendo al suo interno gli astronomi desideravano osservare in dettaglio la polvere e il gas che circondano i buchi neri, ma le immagini precedenti non erano abbastanza nitide per farlo. Recentemente, è entrato in funzione il radiotelescopio ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array), che si trova nella Pianura di Chajanantor in Cile, con una configurazione del tutto nuova, il quale ha aumentato la risoluzione (la capacità di osservare dettagli) delle immagini di un fattore dieci, così che, grazie al lavoro di astronomi dell’Istituto di Astrofisica della Pontificia Università Cattolica e del Centro di Astrofisica e Relative Tecnologie del Cile, si è riusciti a ottenere per la prima volta la struttura del gas freddo della galassia in formazione, anche all’interno della sfera di influenza dei due buchi neri.
Ma quali sono le caratteristiche di ALMA tali da poter ottenere si- mili risultati? Innanzitutto va ricordato che ALMA è un radiotelescopio, il quale, a differenza dei telescopi che “vedono” l’Universo come i nostri occhi, ALMA “ascolta” i fenomeni del cosmo catturando le radiazioni dallo spazio a lunghezze d’onda più lunghe rispetto a quelle del visibile, ossia da alcune centinaia di micrometri a circa un millimetro (circa mille volte più lunghe delle onde luminose visibili). Queste lunghezze d’onda sono conosciute come “radiazioni millimetriche e submillimetriche” (da qui il suo nome) e si trovano nello spettro elettromagnetico delle onde radio. In realtà ALMA è costituito da ben 66 radiotelescopi con tali caratteristiche, 54 dei quali possiedono un diametro di 12 metri, mentre 12 hanno un’apertura di 7 metri. Le parabole possiedono un’accuratezza nella loro curvatura il cui errore è inferiore a una frazione dello spessore di un capello umano e ciò le rende tra le antenne più accurate al mondo che siano mai state costruite. Ma a differenza dei telescopi, che nascono per rimanere fissi in un posto, queste antenne sono state concepite per poter essere spostate senza che i loro sistemi meccanici ed elettronici vengano danneggiati. Questo è possibile perché sono stati costruiti due appositi camion da trasporto, chiamati Otto e Lore, ciascuno con 28 ruote e in grado di trasportare un peso di 100 tonnellate. Alla velocità di 20 chilometri all’ora sono in grado di portare le antenne là dove lo desiderano gli astronomi. E la solidità delle antenne è tale che esse possono lavorare in un ambiente posto a 5.000 metri di quota dove spesso i venti sono molto forti e le temperature passano dai –20°C ai +20°C.
Ma perché gli astronomi spostano tali ricevitori? Perché le 66 antenne possono lavorare tutte insieme fondendo i segnali che ricevono come se a lavorare fosse un unico radiotelescopio con un diametro paragonabile alla distanza massima tra le antenne stesse. Più le antenne sono distanti tra loro, maggiore è la capacità di risoluzione delle immagini che si ottengono, in questo caso però la porzione di cielo osservata è piccola. Al contrario più vicine sono le antenne e maggiore è lo spazio di cielo che possono studiare, ma in modo meno dettagliato. È come aver a disposizione uno zoom di una macchina fotografica. La tecnica che permette di far lavorare insieme le antenne è chiamata “interferometria” e sta dando risultati di grandissimo interesse. La risoluzione di un interferometro non dipende dal diametro delle singole antenne, ma dalla massima distanza tra le antenne stesse. Per ricordare un esempio, fu proprio questa tecnica che utilizzò radiotelescopi sparsi in varie località del Pianeta a permettere di realizzare la prima “fotografia” di un buco nero nel 2019. Quanto ottenuto dai ricercatori dell’Università Cattolica del Cile è stato realizzato dopo aver disposto per la prima volta i radiotelescopi alla massima distanza possibile così che tra il primo e l’ultimo vi era un intervallo di 15 chilometri. ALMA non è nuovo in scoperte davvero eccezionali. Recentemente, per esempio, ha dimostrato che il fosforo presente nel nostro DNA e nelle membrane cellulari, elemento fondamentale per la vita e del quale non si conosceva la provenienza sulla Terra, si può formare là dove prendono vita le stelle e può essere catturato dalle comete che lo trasportano sui pianeti. Su quelli dove è possibile la vita il fosforo diventa fondamentale nella sua formazione.