Agorà

Lo studio. Calcio italiano, tanti debiti pochi campioni

lunedì 14 aprile 2014
Nel calcio italiano ci sono tanti trasferimenti, ma, risultati internazionali alla mano, di campioni ne circolano veramente pochi. In compenso continuano a crescere i debiti della Serie A, mentre non si ferma l'emorragia di spettatori nei campionati professionistici italiani (un milione in meno), con l'eccezione della serie A, che ha registrato un aumento di 223 mila unità. La fotografia che offre il "ReportCalcio 2014", pubblicato dal Centro studi, sviluppo ed iniziative speciali della Federazione italiana gioco calcio con la collaborazione dell'Agenzia di ricerche e legislazione (Arel) e Pwc, e presentato oggi a Roma, conferma le difficoltà del calcio nostrano, soprattutto in termini di appeal. Complici anche gli stadi obsoleti. Diminuisce infatti il numero di spettatori: che passano dai circa 13,2 milioni nel 2011-2012 ai 12,3 nel 2012-2013. In controtendenza, coem detto, la Serie A i cui ricavi da stadio, nel campionato 2012-2013, per la prima volta dopo cinque anni, tornano a salire dell'1,8% (quelli complessivi delle tre leghe scendono invece dal 4,1% al 3,9%), grazie al maggior numero di biglietti staccati (da 8 milioni 362 mila a 8 milioni 585 mila). Perde quota invece la Serie B (da 2 milioni 941 mila a 2 milioni 269 mila), la Prima Divisione della Lega Pro (da 1 mln 289mila a 1 mln 29mila) e la Seconda Divisione (da 573mila a 445mila). In termini di affluenza media per partita, però, i club italiani riescono a superare soltanto quelli francesi (22.591 tifosi contro i 19.211 della Ligue 1). Il primato che spetta alla Bundesliga tedesca con 42.624 spettatori. "È indecente la percentuale dell'8% determinato dai ricavi da stadio - dice il presidente del Coni, Giovanni Malagò alla presentazione dello studio, svoltasi presso la Sala Polivalente della Presidenza del Consiglio -. Tra un pò arriviamo a zero. Forse è dovuto anche al fatto che i diritti tv sono talmente cresciuti, ma questa è la vera sfida: arrivare al 25-30%". Le due maggiori fonti di ricavo, infatti, continuano ad essere i diritti tv e le plusvalenze da cessione di calciatori che, insieme, costituiscono il 58% del valore di produzione: il 38% (poco più di un miliardo) dalle tv mentre il 20%, 536 milioni, dalle plusvalenze. Il calcio italiano è particolarmente attivo sul fronte del mercato: nelle stagioni 2011-2012 e 2012-2013 si sono registrati ben 2.533 trasferimenti, per un valore pari a un miliardo e 863mila euro (circa il 46% del totale delle cinque maggiori leghe europee). Tuttavia il 51% dei trasferimenti è rappresentato da prestiti (con i trasferimenti a titolo oneroso che hanno contribuito per il 34% mentre il rimanente 15% è costituito da trasferimenti a parametro zero). Di questi, 379 (il 15% del totale) è avvenuto tra club di Serie A, mentre 745 (29%) in entrata da club non militanti nella massima serie e 1.409 (56%)in uscita. Tradotto: il valore dei trasferimenti interni tra i club di A è stato pari a 711 milioni di euro; il 38% dei flussi di cassa totali generati è quindi rimasto all'interno della Serie A. "Il 51% dei trasferimenti sono prestiti - rileva il presidente della Figc, Giancarlo Abete -, sintomo che c'è qualche difficoltà. Negli anni siamo passati poi dal 29% di giocatori non selezionabili dalle nostre nazionali al 54,5% e la crescita media dei risultati dei nostri club non c'è stata. È un errore in termini strategici non operare sulla valorizzazione dei vivai". Anche perché continuano a crescere i debiti della Lega maggiore: l'1,9% in più rispetto alla stagione 2011-2012 e vicini a toccare i tre miliardi di euro (2.947 milioni). Nonostante tutto il valore della produzione del calcio professionistico sale dell'1,3% (2696 milioni di euro). Una delle poche note positive in un Paese in crisi come l'Italia.