Agorà

Letteratura. Alla ricerca di Proust da Parigi alla Normandia

Daniele Zappalà venerdì 5 luglio 2024

Il Castello di Villebon, associato alla proustiana Guermantes

Come un fiume carsico, Alla ricerca del tempo perduto, di Marcel Proust, continua a irrigare l’immaginazione del nostro tempo per vie imprevedibili, ispirando pure artisti d’ogni versante. L’antropologo culturale René Girard, tra i grandi esploratori dei nessi fra letteratura, religione e civiltà, la citava come una delle due opere che avrebbe portato su un’isola deserta, con I Demoni di Fëdor Dostoevskij. Nel caso di Proust, nondimeno, le circa 4mila pagine complessive dei sette volumi della Recherche mettono spesso in soggezione anche i lettori più propensi a entrare nell’universo dello scrittore vissuto a cavallo fra Ottocento e Novecento (1871-1922). Non a caso, si è parlato di “opera cattedrale”, per la potenza di suggestione e i diversi piani di lettura, con il corollario di un impegno prolungato richiesto a ogni nuovo “visitatore”. Ma proprio la metafora della cattedrale suggerisce forse pure un modo alternativo d’avvicinarsi gradualmente al mondo proustiano: attraverso gli stessi luoghi e paesaggi reali che ispirarono la Recherche, lungo una geografia che si snoda prevalentemente fra Parigi e la Normandia, passando per la contrada della Beauce, vicino a Chartres e alla sua celebre cattedrale dalle ineffabili vetrate cariche di storie sacre. Insomma, inoltrarsi nel viaggio a ritroso di Proust servendosi pure dei suoi luoghi di predilezione. A invogliare in questa direzione, adesso, è la riapertura al pubblico a Illiers-Combray (dipartimento dell’Eure-et-Loir) della Maison de Tante Léonie, dopo un lungo cantiere di restauro e ripensamento espositivo. Unico museo odierno dedicato allo scrittore, fu la dimora di campagna della Belle Époque dove Proust passò spesso le vacanze estive da ragazzino, ricavando da tali soggiorni quelle impressioni profonde che conferiscono non di rado alle pagine della Recherche il loro potere quasi ipnotico. Proprio a casa della zia Léonie, il giovanissimo Marcel gustava pure le celebri madeleines, i dolcetti bombati tradizionali alle uova a forma di conchiglia allungata. Gli stessi che, con il loro gusto, già nel primo volume, Dalla parte di Swann, permettono alla voce narrante d’annusare la speranza d’un ritorno non impossibile entro l’orizzonte di sensazioni e gioie dell’infanzia. Insomma, «l’edificio immenso del ricordo» che finisce per poggiare sulle umili cordicelle impalpabili di due sensi, olfatto e gusto, generalmente poco valorizzati dalla nostra civiltà occidentale. Certo, i mobili presentati oggi nelle diverse stanze dell’edificio restaurato a due piani non sono disposti esattamente come ai tempi dei soggiorni infantili di Marcel. Ma in ogni caso, colpisce la pregnanza di una costellazione di oggetti che permette ancora bene d’immaginare i ritmi e riti domestici quotidiani, così come le atmosfere a cui lo scrittore restò legato fino all’ultimo: gli inginocchiatoi per la preghiera nelle stanze da letto, la collezione dei piatti in porcellana appesi in soggiorno, le stoviglie di rame in cucina, la lanterna magica che tanto affascinava Marcel, ovvero il dispositivo ottico antenato degli odierni proiettori per diapositive. È da notare che, nel corpo a corpo tipicamente proustiano fra realtà e immaginazione, quest’ultima ha finito oggi per prevalere anche sul piano toponomastico. La cittadina degli zii di Marcel si chiamava semplicemente Illiers. Ma nel 1971, in occasione del centenario della nascita dello scrittore, venne ribattezzata aggiungendo il toponimo Combray, contenuto nella Recherche. Nel mese di maggio di ogni anno, poi, la loca-lità è il luogo di ritrovo degli aderenti alla Società degli amici di Marcel Proust, che fra l’altro passeggiano ritualmente in gruppo verso un altro angolo cittadino carissimo allo scrittore: il vasto giardino botanico-paesaggistico creato e curato dallo zio “orticoltore” Jules Amiot, battezzato Pré Catelan, in omaggio all’omonimo luogo di passeggiata nei pressi di Parigi. Nel giardino a Illiers-Combray, ad esempio, si possono costeggiare le celebri siepi di biancospino che stimolarono a loro volta così tanto l’immaginazione proustiana. Un’immersione che offre pure un bell’esempio dell’esotismo culturale in voga alla Belle Époque, quando si viaggiava certamente più con la mente che con il treno. Nel borgo, è legato a Proust pure un antico edificio sacro molto caro a tanti pellegrini in rotta verso Santiago: la splendida chiesa di San Giacomo, con le ricche vetrate e gli stupefacenti temi policromi della volta ogivale lignea che tanto affascinarono lo scrittore, confluendo anch’essi, trasfigurati, nella Recherche. Nei dintorni, poi, anche due edifici fortificati rientrano ormai nell’itinerario dei luoghi proustiani, anche se in questi casi le corrispondenze con le pagine del romanzo restano dibattute. Innanzitutto, il maniero noto un tempo come Château de la Sinetterie e ribattezzato Château de Swann: probabilmente, il luogo in cui il cuore di Marcel si accese per la prima volta di passione amorosa. Nella Recherche, corrisponderebbe alla dimora di Odette e Charles Swann, la cui figlia Gilberte è amata dalla voce narrante. Ben più imponente è il vicino Château de Villebon, in mattoni rossi, con fossato e ponte levatoio, a cui lo scrittore si sarebbe ispirato per un luogo celeberrimo del romanzo, Guermantes. La contrada piana della Beauce, a sud di Chartres, è tradizionalmente il “granaio della Francia” e conserva ancor oggi quell’anima rustica che tanto interessava Marcel, in arrivo d’estate dalla densa Parigi dove il padre medico, un luminare igienista, si era insediato. Anche per questo, rileggere la Recherche permette pure d’assaporare quel dialogo silenzioso fra mondo rurale e universo urbano che struttura ancora l’anima francese. Chi volesse allontanarsi ancor più dalla capitale, può spingersi fino all’elegante stazione balneare normanna di Cabourg, divenuta Balbec nella Recherche, celebre per la vasta spiaggia di sabbia dorata. La località, ben nota a Proust che vi soggiornò più volte fra il 1907 e il 1914, ispirò in gran parte il secondo volume, All’ombra delle fanciulle in fiore, ricompensato nel 1919 con il prestigioso premio Goncourt. A Parigi, invece, i diversi domicili che ospitarono Proust sono stati spesso ceduti o distrutti. L’appartamento al 45 rue de Courcelles, ad esempio, serve oggi da residenza diplomatica per la Repubblica Dominicana. Così, solo delle lastre commemorative ricordano il passaggio dello scrittore in questi luoghi, senza case-museo nella capitale paragonabili ad esempio a quella di Balzac. Ma in un’ottica italiana, è interessante osservare che i funerali di Proust furono celebrati nell’autunno 1922 presso la parrocchia di Saint-Pierre-de-Chaillot, che è pure quella del nunzio apostolico in Francia: molto frequentata in particolare, fra il 1944 e il 1953, dall’allora monsignor Angelo Giuseppe Roncalli, futuro Giovanni XXIII. Una parrocchia che è oggi pure quella della Missione italiana in Francia, affidata alla congregazione scalabriniana.