Agorà

PENSARE CON I PIEDI. Alla Juve manca la patente europea Valentino è tornato

Massimiliano Castellani lunedì 8 aprile 2013
«Ci vorrebbero 2 gol, anzi tre, senza prenderne nessuno però…». E’ questo il commento scaramantico del popolo juventino che trepida per il match di ritorno – quarti di finale di Champions – di mercoledì sera contro il Bayern Monaco. Per prepararsi al meglio, a Gigi Buffon, che per il kaiser Beckenbauer ormai è solo «un pensionato», è stato risparmiato l'ultimo turno di campionato: l’anticipo con il Pescara che la squadra di Antonio Conte, come da copione, ha vinto, ma quanta fatica. Complice il muro abruzzese eretto da mister Bucchi, in undici dietro la linea di centrocampo, e le parate di un redivivo Pelizzoli, ex enfant prodige della porta, la Juve c’ha messo 71 minuti prima di realizzare un gol al fanalino di coda del torneo che ora dista dalla vetta la bellezza di 50 punti pieni. Una rete, quella bianconera, che è arrivata dal dischetto del rigore, con trasformazione e strip osè (via i pantaloncini) di Mirko Vucinic che ha messo la sua firma alla partita con la doppietta finale. Ma che il campionato sia già nelle mani della Vecchia Signora sì sa da un pezzo, mentre a questa Juve manca ancora la prestigiosa patente europea e per ottenerla dovrà compiere l’impresa dell'anno contro i tedeschi. La Lazio che stasera scende in campo nel derby con la Roma, invece si affida al suo tedesco ed ex Bayern, “mito” Klose, che giovedì sera è chiamato a ribaltare il 2-0 di Istanbul subito con il Fenerbhace per regalare alla società del presidente Lotito uno storico passaggio alla semifinale di Europa League. Al momento sembra più facile l’impresa del Napoli di arrivare al secondo posto. La squadra di Mazzarri, nonostante l’ennesimo errore dagli 11 metri di Cavani, batte il Genoa e approfitta del mezzo scivolone del Milan che, sopra di 2 gol a Firenze, si è fatto raggiungere sul 2-2, complici due rigori concessi con “generosità” ai viola – denunciano dalla sponda rossonera – dall’arbitro Tagliavento.E’ ancora vento di tempesta sugli arbitri, come dimostra la sfuriata di Moratti dopo il rocambolesco 4-3 incassato dalla sua Inter a San Siro contro un’Atalanta che ha dedicato la vittoria al suo ex presidente buono, Ivan Ruggeri. Il patron dell’Inter sbaglia però a prendersela solo con l’arbitro Gervasoni, la squadra del tecnico ragazzino (vicino alla resa: «Sono troppo giovane, forse l’anno prossimo non ci sarò…») Stramaccioni, non ha più né capo né coda e più che la malafede del direttore di gara, andrebbero analizzati l’impegno profuso e i limiti tecnici della formazione nerazzurra. Niente di nuovo sul fronte medio alto della classifica, se si eccettua che, grazie alla lunga astinenza da gol di El Shaarawy, il vecchio Totò Di Natale mette a segno la rete numero 17 (la sua Udinese così batte il Chievo 2-1) e sorpassa in seconda posizione nella speciale hit dei cannonieri, dietro a Cavani, sovrano a quota 22 centri. C’è gran bagarre invece in zona salvezza, dove il Palermo del “richiamato” Sannino continua a stupire e a tenersi aggrappato alla Serie A. Anche a Marassi polemiche e veleni contro l’arbitraggio, ma alla fine i rosanero portano a casa tre punti provvidenziali e agganciano il Genoa e il Siena a quota 27 punti e adesso comincia il minislam del “si salvi chi può”. E’ tornato il Motomondiale e dal primo rombo di motori dal GP del Qatar si è capito che lo spettacolo è assicurato. Vince Lorenzo che si concede una passeggiata in solitaria nel deserto di Losail in sella alla sua Yamaha che al momento ha qualcosa in più di quella di Valentino Rossi. Ma attenzione, perché Vale c’è, e non è solo uno slogan datato di “the voice” Guido Meda. Valentino recupera dalla settima posizione e negli ultimi quattro giri sfodera una prestazione da veterano, ma con lo stesso entusiasmo di un ragazzino al debutto, tipo quello del 20enne Marquez (occhio anche al vero “debuttante” della Honda) che gli lascia il secondo posto e deve inchinarsi difronte ai sorpassi chirurgici del Dottore di Tavullia.