Salta il 16° turno di campionato dell’11 e 12 dicembre. La Serie A sciopera, sia pur restando in pantofole, visto che nessuno scenderà in piazza e i calciatori trascorreranno presumibilmente quel fine settimana in famiglia. Si sciopera, per il mancato accordo sul contratto di lavoro dei giocatori scaduto il 30 giugno scorso, con buona pace di chi ostentava l’italica sicurezza del “toccatemi tutto ma non il calcio”. E in realtà si sciopera pure per modo di dire, perché la giornata di campionato sarà per forza di cose recuperata e a nessun tesserato sarà decurtata in quota parte la giornata di stop dettata dal sindacato. Ieri si sono ritrovati per la resa dei conti: da una parte Maurizio Beretta, presidente di Lega pronto a spiegare all’ora di pranzo, poco prima di oltrepassare la vetrata di via Allegri (sede della Federcalcio) che «l’accordo è alla portata». Dall’altra il muro di gomma dell’Associazione italiana calciatori, che tre ore più tardi l’ha costretto a uscire scuro in volto per uno sciopero che, contro le sue previsioni, invece si farà. O almeno è stato confermato. Chiaro il messaggio letto da Leonardo Grosso, vicepresidente dell’Assocalciatori: «Abbiamo ribadito la disponibilità a discutere su sei degli otto punti. Non siamo entrati però nemmeno nel merito perché la Lega chiedeva di discutere il sempiterno problema dei fuori rosa». Si è chiusa così, con una dichiarazione choc e per nulla preventivata - ma solo perché non si pensava che pure il football potesse fermarsi - la vicenda dell’«italian strike», come l’hanno definito gli inglesi che forse hanno ancora qualcosa da insegnare sotto il punto di vista organizzativo agli italiani. «Siamo dispiaciuti, da parte nostra c’era ampia disponibilità», ha aggiunto l’avvocato dell’Aic, al quale ha risposto in maniera decisa proprio Beretta parlando di «decisione irresponsabile e senza ragioni». Tutti a casa dunque l’11 e il 12 dicembre, mentre già si ipotizzano le date per recuperare la giornata di campionato, che Inter e Cesena avrebbero rinviato comunque per gli impegni intercontinentali dei nerazzurri. A sciopero proclamato, sono intervenuti a turno gli interlocutori della vicenda. Claudio Lotito, presidente della Lazio, che si è battuto per evitare il collasso, ha dichiarato che «il comportamento dell’Aic è gravissimo», non prima d’aggiungere che «i rappresentanti del sindacato dei calciatori non hanno nemmeno fatto parlare il presidente Abete» e di sentenziare che «la loro posizione è fuori da ogni logica». Il patron romano ha puntato le sue attenzioni su un argomento che in passato l’ha riguardato da vicino, leggasi i casi Pandev e Ledesma, ovvero il capitolo legato ai fuori rosa. «Non li abbiamo mai chiamati fuori rosa ma abbiamo fatto riferimento ad allenamenti in gruppi differenziati come avviene in altri Paesi. Per chi ha rose di 40 giocatori, fare allenare tutti insieme è un problema organizzativo».Si chiude il sipario, a meno di dietrofront al momento improbabili. L’unica verità é che i contratti sono fermi a trent’anni fa, quando il calcio non era in crisi, le partite cominciavano tutte alle 15 e non imperavano le pay-tv. E i tempi, scontato scriverlo, sono cambiati. È mancato all’appuntamento Sergio Campana, che dell’Aic è il presidente. «La sua assenza a Roma era già un segnale», il commento di uno sconsolato Beretta.