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Ginnastica. Non fate, non favola: D'Amato ed Esposito, due donne forti

Alberto Caprotti, inviato a Parigi martedì 6 agosto 2024

Esposito Alice D’Amato sul podio assieme a Manila Esposito

Non è vero che Alice non lo sa. Occhi di ghiaccio, piedi da fata, caviglie d’acciaio. Quelli li vedi. È la testa che è difficile da leggere. Cosa può passare nella mente di una ragazza di 21 anni che ribalta la sua vita su un parallelepipedo di legno lungo cinque metri e largo appena dieci centimetri, piazzato come un patibolo a 125 centimetri da terra? Si chiama trave, ma sembra qualcosa di molto più cattivo. Alice gli pianta addosso le sue pupille trasparenti, ci atterra sopra e lo domina quel pezzo di legno. Batte una leggenda della ginnastica, la più forte di sempre, e si mette al collo una medaglia d’oro straordinaria. Ma quali fate? Donne forti, ragazze, senza se e senza ma. Ora lo sa Alice D’Amato cosa vuol dire diventare campionessa olimpica. Ma ci ha messo un po’ per rendersene conto, abbracciata sul podio a Manila Esposito, splendida terza e medaglia di bronzo. La più giovane di tutta la spedizione azzurra a Parigi con i suoi 17 anni di leggerezza. Con loro, la ginnastica italiana è arrivata dove nemmeno immaginava. Davanti a Simone Biles, la divina. Quella che fa mettere in coda i divi americani per vederla dal vivo. Quella che ieri si è arresa facendosi togliere il gusto di arrivare a 9 ori in carriera, come l’inarrivabile Larissa Latynina. Colpa sua, ma anche colpa loro, due grandi atlete che hanno smarrito il tempo e toccato il cielo. Sono la punta di un iceberg, o forse la coda nella loro grazia potente. Cinque ori femmina finora contro due maschi in questi Giochi per l’Italia, più uno in condominio nel tiro a volo: non c’è quota rosa, non c’è paragone. Lo sport italiano che vince adesso è soprattutto donna. La grinta di un’altra Alice, Bellandi, nel judo; la forza di squadra di quelle della spada; la capacità di cavalcare il vento di Marta Maggetti; il sorriso coinvolgente nelle racchette di Sara Errani e Jasmine Paolini. Questione di volontà, di nuova consapevolezza. Quando riemerge dalla sua gara incredibile, Alice ha la voce sottile: « Ho vinto - sussurra - anche per mia sorella gemella Asia, che è bravissima ma si è rotta il crociato e non ha potuto essere qui. Ho gareggiato anche per nostro padre Massimo, che è morto di cancro da poco e oggi sarebbe così orgoglioso di me. Faceva il vigile del fuoco. Penso a lui perché oggi sarebbe molto felice. Mia mamma invece si chiama Elena e fa la parrucchiera. È rimasta a Genova, mentre noi da bambine ci siamo trasferite a Brescia per migliorare e crescere con il nostro maestro Enrico. E infine ho gareggiato per me stessa. E non mi pare ancora vero di aver vinto». Sono belle, non hanno mai paura. Anche quando sulla stessa loro trave atterra il mito. A Simone Biles mancava solo un difetto per essere perfetta. Ieri l’ha trovato, inciampando sul legno. È caduta, anche se sembrava impossibile. Ha ripreso l’esercizio ma scivolando fatalmente al quinto posto finale. Poco dopo sarà d’argento nella prova a corpo libero. Perché i fenomeni non sbagliano più di una volta al giorno. E restano straordinari: 39 medaglie tra Olimpiadi e Mondiali per lei, 3 solo qui a Parigi. Cinque esercizi portano il suo nome, come un marchio di fabbrica. È unica Simone, ha 27 anni, il primo titolo lo ha vinto a 16. Aveva detto basta, tre anni fa a Tokyo, quando i demoni le avevano fatto girare la testa. È tornata, per portarsi via tutto. Quasi tutto. Alla fine è super gentile con loro, può permetterselo, sembra davvero sincera: «Sono eccitata e orgogliosa per la loro prova», dice l’americana. Alice e Manila hanno fatto un esercizio fantastico e saranno d’esempio per tutte le giovani ginnaste italiane». Per questo non è solo un’impresa, è un capolavoro. Oro e bronzo questa volta sono azzurri. Alice D’Amato è perfetta: 14.366 punti. Il suo esercizio non ottiene consensi tanto per la difficoltà scelta quanto per l’esecuzione. I passaggi sono parole comprensibili solo a chi se ne intende, ma suonano bene, è bello elencarli: entrata con enjambee cambio, ribaltata senza, enjambee più sissone, enjambee cambio, enjambee cambio ad anello, flic pancia, flic più salto smezzato, salto avanti, doppio giro in accosciata e uscita con salto teso con due avvitamenti e mezzo. Termini che fanno intuire quanto studio ci possa essere dietro, quante ripetizioni, quanta fatica e precisione. Manila Esposito da Boscotrecase invece è nata sportivamente a Civitavecchia prima di trasferirsi a Brescia: è splendida terza con 14.000 dietro alla cinese Zhou. La ginnastica al femminile non aveva mai vinto l’oro, solo tre argenti con le Piccole pavesi nel 1928 (gara a squadre), Vanessa Ferrari nel 2021 (corpo libero) e qualche giorno fa con le azzurre (anche Angela Andreoli, Giorgia Villa e Elisa Iorio con D’Amato e Esposito) nella gara a squadre. Alice e Manila sono state tra le poche della finale a non cadere. Perché la ginnastica è equilibrio, ma anche sofferenza, muscoli e tendini che si rompono. Anche Alice, come la sorella, si è fatta male spesso: ginocchia e caviglia, ma è ripartita sempre. Come le altre. Come se fosse una missione. Questa è stata la sua seconda Olimpiade: nel 2021 fu quarta con la squadra. Nel 2019 è stata bronzo mondiale nel team all-around, una medaglia che l’Italia non vinceva a livello iridato da 69 anni. Cinque i suoi ori europei in carriera. Milita nella Brixia ed è un’atleta delle Fiamme Oro. È allenata da Monica Bergamelli e Marco Campodonico. Non è una favola per caso, c’è un progetto forte dietro, un modello costruito con cura. L’Accademia internazionale di Ginnastica a Brescia è una struttura federale diretta da Enrico Casella, ingegnere ed ex campione italiano con il Rugby Brescia, e dal suo presidente Folco Donati. Prima ha portato Vanessa Ferrari in cima al mondo, poi ha esaltato un gruppo che può crescere ancora sulla forza dello sport che con 150 mila tesserati, dopo la pallavolo è il più praticato dalle giovani italiane. Alice era settima dopo le qualificazioni. La trave non è nemmeno la sua specialità preferita. Ma ieri aveva occhi verdi con cui guardarla, e un’Olimpiade da mettersi nel body viola per portarsela a casa. Quando è sera, Casa Italia la festeggia con musica, filmati, luci forti e tanti applausi. Lei arriva in tuta, insieme Manila. È uno scricciolo biondo, sembra impaurita da una popolarità che non ha mai provato. Dice che ancora non ci crede, che la sua «è una medaglia inaspettatissima». Vuole spiegare che è sorpresa e felice, invece per l’emozione le esce un « il mondo mi è crollato addosso». Ma in fondo lo sapeva Alice che poteva farlo. Certo che lo sapeva.