Agorà

Il commento. Alex, un’altra punizione troppo severa Questa storia ha troppe zone d’ombra

Marios Lusek venerdì 8 luglio 2016

Si era interrotta bruscamente la marcia di Alex. Era scivolato di brutto. Ed è stato fermato. Ha riconosciuto la sua colpa. Ha pagato per essa. Ha conosciuto l’umiliazione e la vergogna per questa ammissione. Ha cercato con caparbia volontà di  rientrare in se stesso. E ha avuto la fortuna di trovare persone che credevano ancora in lui. Tutti dobbiamo «avere un atteggiamento di rispetto e di incoraggiamento» verso la vergogna dell’altro. Nonostante tutto. Ed offrire ancora una possibilità. Un ricominciare. Così è stato. Si è rialzato ed ha ricominciato a camminare con slancio, passione, coraggio e voglia di riscatto. Ed ha vinto. Ma non tanto la “maratona” a Roma. Ha vinto la diffidenza, il rifiuto,  ma anche la debolezza, il limite, la fragilità. Ha rinunciato all’inganno. Lo abbiamo creduto in tanti.E abbiamo gioito per il “ritorno” nella “casa sportiva” di un suo campione. Continuo a crederci perché mi hanno insegnato e l’ho sperimentato sulla mia pelle che bisogna sempre credere nell’uomo, in ogni uomo, anche quando l’evidenza ci spingerebbe al contrario. Anche quando in molti dubitano senza mettere in dubbio se stessi. Continuo a crederci perché so quanta fatica, quando dolore, quanta volontà c’è stata e c’è dietro questa voglia di riscatto.

 

 

Ci sono lati oscuri dietro la vicenda? Non ho elementi per pensarlo. Ma le domande affiorano e non trovano sempre risposte convicenti. Le controanalisi ufficiali confermano la positività per testosterone. Alex continua a gridare la sua innocenza e la sua marezza. Quel grido va ascoltato proprio in nome dello sport che non sopporta inquinamenti o dubbi di nessun tipo; che non sopporta il doping di un atleta ma non sopporta nemmeno che tali ombre restino ma si diradino. È un problema di dignità per tutti: per Alex che la rivendica dopo aver saldato il suo debito e ora si ritrova davanti ad un altro ostacolo, per lo sport che ha bisogno di verità, per le istituzioni sportive che non debbono rinunciare alla trasparenza. Quel desiderio di «vita sportiva nuova» che si era avviato con la vicenda di Alex credo che possa essere veramente un progetto di riscatto per chi  purtroppo resta sedotto dall’errore del doping ed ha il desiderio di «rimettersi in gioco». E noi preti saremo sempre accanto a chi vuole ricominciare il «grande gioco della vita». Anche nello sport.