Ciclismo. Alberto Bettiol: «Dopo le Fiandre ho capito chi sono»
Alberto Bettiol, giovane campione del ciclismo italiano, vincitore dell'ultimo giro delle Fiandre
L’essenziale è invisibile agli occhi e per noi amanti di cose ciclistiche, che generalmente guardiamo il nostro sport con il cuore, Alberto Bettiol è assolutamente essenziale, per non dire indispensabile. Per troppo tempo e per troppe persone questo ragazzo di Castelfiorentino di soli 24 anni è stato invisibile. Faceva bene, mandava segnali piuttosto chiari, ma faticava ad essere al centro della scena, anche perché lui è tipo piuttosto schivo, senza fronzoli e orpelli.
Ragazzo mite e riservato, più portato al fare che all’apparire, si fa notare dagli addetti ai lavori quasi subito. Non è un caso, infatti, che passi professionista giovanissimo, proprio perché considerato un predestinato. A soli ventidue anni Davide Cassani, il ct degli azzurri, gli riserva una maglia da titolare ai mondiali di Bergen in Norvegia e con un ruolo non certo da comparsa. E lui, questo ragazzo che si è palesato al mondo qualche settimana fa sbaragliando la concorrenza sui muri delle Fiandre, non tradisce le attese e si fa apprezzare fino all’ultimo metro di quella sfida iridata tirando da campione la volata al capitano designato: Matteo Trentin, che poi finirà quarto.
A lui non è mai importato più di tanto apparire, anzi. A chi gli sta accanto, un po’ di più. Non per altro, ma semplicemente per quel senso di giustizia. Il giusto riconoscimento per un ragazzo che in bicicletta ci sa fare per davvero. Adesso che ha rotto il ghiaccio con una vittoria da far girare la testa, Alberto Bettiol è ben visibile agli occhi di tutti e adesso è regolarmente cercato in mezzo al gruppo; tutto sembra aver trovato come d’incanto un ordine e una logica. E lo sarà anche domani, quando sarà atteso come protagonista della Liegi-Baston-Liegi.
Il toscano della Educational First, colosso americano specializzato in vacanze studio su tutto il globo terraqueo, è uno dei tanti ragazzi che si stanno mettendo in mostra in questa primavera che sembra essere contrassegnata dall’avanzare di una vera e propria nouvelle vague a pedali. Sempre più agguerrita e intenzionata a spostare gli equilibri del ciclismo, ecco avanzare rapidi e sicuri i vari Julian Alaphilippe, Mathieu Van der Poel, Nils Politt e il nostro Alberto Bettiol, solo alcuni nomi di una nuova generazione di pedalatori che sta per mandare in soffitta i vari Alejandro Valverde e Greg Van Avermaet, Philippe Gilbert e compagnia pedalante.
Domani c’è la Liegi: un altro Monumento che le fa gola…
È una corsa durissima, che richiede forza, tenuta e concentrazione. Sarei bugiardo se le dicessi che non ci penso, ma so anche che sono in tanti a puntare ad un traguardo così importante, ad incominciare dal vero dominatore di questo inizio di stagione che è Alaphilippe, ma attenzione a Dumoulin, Valverde, Kwiatkowski e Fuglasan. Insomma, c’è l’imbarazzo della scelta.
Se è per questo, in tanti puntavano anche al Fiandre.
Vero, e io sono la dimostrazione vivente di come si fa a rompere le uova nel paniere.
Adesso sarà un osservato speciale.
È normale che sia così, fa parte del processo di crescita.
Come è stato il dopo Fiandre?
Bello e impegnativo, per via delle tante interviste, delle tantissime telefonate: però è bello.
Lei è passato giovanissimo nella massima serie; tante cose belle, poi l’anno scorso il classico “Annus Horribilis”.
È così, ho passato più tempo tra ospedali e medici che in bicicletta. Più in corsia che in corsa. Caduta alla Liegi e pneumotorace (perforazione di un polmone, ndr), a settembre frattura di una costola a Plouay. Meglio non pensarci più. Quest’anno, però, ho capito subito che la musica stava cambiando. Una buona Tirreno, una buonissima Sanremo, poi quarto ad Harelbeke, il piccolo Fiandre. Poi la vittoria al Fiandre, quello vero. E una settimana fa sesto alla Freccia del Brabante, altra corsa del nord che da quelle parti vale parecchio.
I suoi estimatori dicono che le mancasse solo il “clic” giusto per fare il salto di qualità.
È probabile che sia stato così. Non è sufficiente arrivare all’appuntamento con la storia con tre chili di meno per mettere tutti in fila su Kwaremont e Paterberg. Se nella testa non scatta qualcosa, non vai da nessuna parte, anche se hai gambe super. L’aver raccolto tanti buoni piazzamenti mi sono serviti per capire che ero sulla strada giusta.
Cosa le è restato di quel volo solitario sulle strade fiamminghe?
Tutto. Ho vissuto un’emozione incredibile e vincere la prima gara da professionista sulle strade della “Ronde” è stato davvero qualcosa di pazzesco.
© RIPRODUZIONE RISERVATA Il 24enne toscano dopo aver vinto l’ultimo Giro delle Fiandre è atteso domani tra i protagonisti alla Liegi-Baston-Liegi «In testa è scattato il “clic”, adesso sono pronto a dire la mia in qualsiasi gara»