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Lirica. Nel «Tristano» al Regio di Torino, Isotta canta in playback

Giacomo Gambassi lunedì 23 ottobre 2017

Ricarda Merbeth, l'Isotta che ha perso la voce, con Michelle Breedt (Brangania) al Teatro Regio di Torino

Richard Wagner non avrebbe mai consentito che il suo più rivoluzionario capolavoro, Tristano e Isotta, venisse modificato. Eppure sulla scena può succedere ben altro. E al Teatro Regio di Torino nell’ultima rappresentazione dell’opera miliare del romanticismo tedesco, andata in scena domenica 22 ottobre, accade che Isotta «muoia» a metà del primo atto e non sulle ultime note del dramma musicale, cadendo trasfigurata sul corpo senza vita di Tristano dopo aver incantato il pubblico con il celebre Liebestod, la “morte d’amore” che unirà i due amati. Sotto i riflettori del capoluogo piemontese la principessa figlia del re d’Irlanda si spegne prima. Perché resta senza voce nell’apoteosi dell’esplosione della passione fra i due protagonisti dopo che entrambi hanno bevuto il filtro d’amore. L’Isotta che si eclissa al Regio è il soprano tedesco Ricarda Merbeth. Che, però, quando gradualmente rimane quasi muta non abbandona il palcoscenico ma continua fino al termine dell’atto cantando in playback. Infatti nel frattempo in un angolo del palco è spuntata in abiti “borghesi”, ossia con una camicia e un paio di pantaloni neri, il soprano del secondo cast, l’inglese Rachel Nicholls, che poi “salverà” l’intera opera: un po’ come accade con l’Isotta wagneriana che redimerà attraverso la sua morte d’amore Tristano. Ricarda Merbeth abbandonerà lo spettacolo dopo il primo atto e la rappresentazione andrà in porto proprio grazie a Rachel Nicholls.

In realtà già dell’inizio si capisce che Merbeth ha qualche problema. Le sue prime battute sono bisbigliate. «Forse sarà l’emozione», ipotizzano in molti fra gli spettatori. La sua voce si riscalda ma manca completamente dei registri bassi. Riesce però a sostenere il complesso dialogo con la sua ancella, Brangania. Nella concezione del regista Claus Guth, tutto il dramma si svolge in un susseguirsi di stanze all’interno di un palazzo. E a un certo punto, distesa su un letto, Merbeth sussurra qualcosa nell’orecchio di Michelle Breedt che veste i panni di Brangania. Il motivo? Dal momento che non è prevista alcuna uscita di scena di Isotta, Merbeth utilizza Brangania che invece può andare dietro le quinte per invocare il soccorso della sostituta. Rachel Nicholls è già pronta: allertata fin dall’inizio per le non ottimali condizioni della collega. Così Merbeth prosegue l’atto, limitandosi a muovere le labbra, mentre la voce le è prestata dal soprano inglese in un lato del proscenio. Il pubblico pensa che sia una trovata del regista. Ma bastano pochi minuti per comprendere che siamo davanti a una Isotta «doppia» sul palco.

Tristano e Isotta è il titolo che ha aperto la nuova stagione al Regio. Sul podio il direttore musicale del teatro torinese Gianandrea Noseda che mai prima d’ora si era cimentato nel celebre dramma di Wagner. «L’ho studiato da luglio», ha raccontato prima del suo personale debutto. Il risultato però è un’esecuzione tutt’altro che di matrice wagneriana. A tratti sembra quasi di ascoltare Attila di Giuseppe Verde, tanto è il vigore che imprime all’orchestra. Scarsi, quasi inesistenti, i pianissimi, ma in quei momenti in cui la partitura richiede una potenza massima viene come tirato il freno. L’andamento è discontinuo: si va, ad esempio, da frangenti eccessivamente allentati (come il preludio) ad accelerazioni vertiginose. Il pubblico lo applaude al termine della rappresentazione quando sale sul palcoscenico. Il momento più interessante è comunque l’inizio del terzo atto che nel complesso è il migliore dei tre da ascoltare. Rachel Nicholls è un’Isotta partecipata, anche se talvolta si lascia prendere dalla foga impiegando un’eccessiva potenza nella voce. Lo stesso accade per Peter Seiffert, un Tristano in cui dolore e passione si intrecciano bene. Il migliore del cast è Martin Gantner, il servo Kurwenal. E anche il re Marke del basso Steven Humes convince. L’allestimento di Guth che giunge per la prima volta in Italia dall’Opernhaus di Zurigo non emoziona, in quel turbinio di stanze che ruotano per tutto lo spettacolo sul palco e in cui i protagonisti si rincorrono (a cui si aggiungono un paio di facciate esterne). È però originale l’inizio della lunga notte dei due amanti – nel secondo atto – che avviene non in un giardino ma in mezzo al ballo di una festa durante la quale Tristano e Isotta si rincorrono fra gli ospiti. Buona l’orchestra del Regio e una menzione particolare va agli ottoni (soprattutto ai corni) che esaltano Wagner.