Idee. Se pace, futuro e spiritualità sono le vere vocazioni delle metropoli
"La Martella", l'intervento urbanistico promosso da Adriano Olivetti a Matera negli anni Cinquanta
Il futuro delle città sempre più richiama il futuro dell’umanità, non solo perché gran parte della popolazione mondiale vive e sempre più vivrà nelle città, ma ancor più perché le città rappresentano l’orizzonte del mondo intero per il loro essere intreccio di popoli, culture, religioni. Sentiamo frequentemente porsi l’angoscioso, eppur ricorrente e giustificato, interrogativo: «Esisteranno ancora le città?». Ciò vuol dire contemporaneamente domandarsi: esisterà ancora l’umanità, esisteranno ancora gli esseri umani? Le preoccupazioni per la vita del pianeta dovute all’inquinamento e a tutti i possibili pericoli diretti e indiretti di autodistruzione dell’umanità gettano ombre sul futuro, accentuando quella tendenza all’assolutizzazione del presente che è tratto tipico del nostro tempo. Ma assolutizzazione del presente significa mancanza di memoria e di prospettiva.
Le città hanno bisogno di riscoprire un rapporto col passato, certo critico, ma anche costruttivo e ricco di gratitudine, per aprirsi al futuro e al nuovo senza paura e senza risentimenti. In questo contesto è quanto mai importante avere punti di riferimento che aiutino a leggere e attraversare il momento presente. Jacques Maritain, Giorgio La Pira, Adriano Olivetti sono stati grandi maestri del loro presente, ma sono anche maestri del nostro futuro, sono stati grandi appassionati del futuro, figure a cui tornare per trovare ispirazione e istanze creative, ritrovare visioni, progetti, senso di nuove realizzazioni possibili. Non si tratta di sognatori di realtà sostanzialmente irrealizzabili, ma piuttosto di pionieri, di apripista, di uomini proiettati in avanti, portatori non di vaghe istanze di cambiamento, ma di proposte, di idee alla base di una molteplicità di realizzazioni. Maestri di futuro che avevano a cuore il futuro delle città. Se Jacques Maritain è il teorico della città umana, del rapporto tra la persona e il bene comune, Giorgio La Pira e Adriano Olivetti sono i testimoni di come l’attenzione alla persona si traduca in città improntate al senso della comunità.
Giorgio La Pira ha fatto proprio il pensiero del filosofo francese, concretizzando nel suo servizio politico la centralità della persona nell’attenzione verso gli ultimi e i più bisognosi ( Le città sono vive). Le città sono per La Pira un documento vivente della civiltà umana. Ed egli guarda al futuro della città ponendo l’attenzione sui valori e sulla memoria di cui le strutture urbane si fanno ambasciatrici. Il suo è un invito all’agire responsabile affinché la città del presente e anche del futuro divenga il luogo di liberazione della persona dall’odio e dal bisogno. Per il Sindaco di Firenze la città si plasma su una precisa vocazione: favorire la pace e l’unità tra le persone, creando ponti di fraternità e abbattendo i muri della diffidenza e degli egoismi. In questo modo la città diviene patrimonio umano e crea speranza per un futuro fondato sull’umanità. Adriano Olivetti designa i tratti di un agi- re pratico che rende umane le città ( Le città dell’uomo). L’imprenditore è riuscito a trasformare Ivrea e Matera in città che rappresentano un bene prezioso per l’umanità, importanti per la loro urbanistica, ma soprattutto per la risposta, in termini architettonici, ai bisogni della comunità umana che le vive. La città è espressione dell’armonia tra pubblico e privato, tra lavoro e casa, tra luogo di produzione e luogo di utilizzo. Le strade, le fabbriche, le case sono il più sostanziale e visibile elemento dell’evoluzione della civilizzazione: una città umana.
Per Olivetti ogni spazio, della città come dell’industria, deve necessariamente essere funzionale alla persona e alla comunità, nella stretta unità del cuore e dell’intelligenza. Le città di Firenze, Ivrea e Borgo La Martella a Matera sono l’esempio di come la fiducia nella persona, centro del pensiero di Maritain, ben si concilia con una prassi politica, quella di La Pira, e imprenditoriale, quella di Olivetti, che restituisce dignità alla persona e crea città umane, costruite per l’uomo e per i suoi bisogni. È la comunità di persone, teorizzata dal filosofo e resa concreta nelle attività del Sindaco della Pace e dell’imprenditore piemontese, a rendere vive le città. Il futuro delle città non può prescindere dalla persona. L’insistenza sulla centralità della persona nell’orizzonte del bene comune si comprende adeguatamente se strettamente congiunta con una visione dello spirituale e della sua rilevanza mai separabile da un orizzonte sociale e politico, ma piuttosto sua condizione intrinseca.
Dire rilevanza dello spirituale non vuol dire chiusura intimistica, non significa separatezza della realtà, ma piuttosto unità dell’essere e dell’agire dell’uomo. La dimensione spirituale appare decisiva. Le condizioni spirituali non sono solo elementi di base, nel senso di semplici dimensioni previe. Vi è un dinamismo spirituale che accompagna ogni ricerca e ogni azione per il progresso e per la pace e per il bene comune. Maritain affronta questa questione in modo acuto ed essenziale. Non c’è pace, non c’è progresso senza una dimensione spirituale, senza intendere il ruolo costante per la vita delle persone e della società. Lo spirituale non può risolvere problemi che attengono ad un ordine temporale, al difficile campo delle scelte degli uomini, degli stati, dei rapporti sociali ed economici. Suggerisce, offre «illuminazioni» di cui «gli uomini sempre più o meno tentati dalla disperazione hanno singolarmente bisogno». Il ruolo dello spirituale «è essenzialmente e prima di tutto un ruolo di ispirazione nel significato più ampio della parola. Le scoperte tecniche hanno avuto una parte molto importante nella sviluppo dell’umanità. Le scoperte spirituali hanno avuto una parte ancora più grande. Grazie allo slancio dinamico, grazie all’ispirazione da esse scaturita, la storia dell’uomo e la storia della civiltà ha percorso le sue tappe più caratteristiche».
Il cristianesimo ne è l’esempio più consistente, ma ciò vale sempre nella storia. Una forte ispirazione spirituale è anche un fattore di trasformazione della realtà. E ciò può avvenire proprio perché il ruolo dello spirituale non è solo di ispirazione ma è anche un ruolo di educazione dell’essere umano, di rinnovamento culturale, un contributo «di mobilitazione dell’intelligenza e dei poteri di conoscenza». È richiesto, in altri termini, come necessario sviluppo di un’autentica tensione spirituale, in stretta connessione con essa, «un vasto lavoro della ragione che rinnova le sue prospettive e comprende più a fondo le articolazioni del reale». «Solo a questa condizione – in questo singolare incrocio di dimensioni della vita – si possono ritrovare il nostro regime ordinario di pensiero e il nostro comportamento ( La condizioni spirituali del progresso e della pace).