Agatha Christie. Le fatiche di Hercule: compiono cento anni le indagini Poirot
Una elaborazione grafica di Hercule Poirot, il detective inventato da Agatha Christie nel 1920
«Per la verità ho sempre avuto in mente di fare l’investigatore». «Di quelli veri, tipo Scotland Yard, oppure tipo Sherlock Holmes?». Con questa battuta, Arthur Hastings, ufficiale inglese ferito al fronte nella Prima guerra mondiale, ospite di amici, prepara teatralmente l’entrata in scena di un personaggio che apparirà tra poco, per non uscire mai più dalla scena del mondo. Un famoso detective di cui Hastings diverrà il braccio destro, realizzando il suo sogno. Un’entrata in scena d’effetto, quando appare Hercule Poirot, belga, che presto si trasferirà a Londra per operare nella città di Holmes, e in tutto il mondo. Era il 1920, cent’anni fa.
Mondadori celebra questo centenario con il romanzo in cui Agatha Christie presenta il personaggio, Poirot a Styles Court (Oscar Moderni Cult. Pagine 228. Euro 13,00). «Poirot – scrive Hastings, coprotagonista e narratore – era un ometto straordinario. Era alto meno di un metro e sessantacinque, ma aveva un portamento molto eretto e dignitoso. La testa era a forma di uovo, costantemente inclinata da un lato. Le labbra erano ornate da un paio di baffi rigidi, da militare. Il suo abbigliamento era inappuntabile. Penso che un granello di povere gli avrebbe dato più fastidio di una ferita. Eppure questo elegantone era stato ai suoi tempi uno dei funzionari più in gamba della polizia belga. Come investigatore, aveva un fiuto straordinario. Aveva all’attivo numerosi trionfi, essendo riuscito a risolvere i casi più complicati».
Non comune il suo aspetto, come di molti celebri detective: Nero Wolfe è enorme, così grasso da faticare a muoversi, Holmes è segaligno, sguardo rapace, ma ciò che spicca in loro è l’eccentricità del carattere: come Poirot, piccolo con i suoi baffi “inamidati” è maniaco dell’ordine, non tollera un oggetto fuori posto, esige un mondo esterno simmetrico, dal giardino di casa alla scrivania, Nero Wolfe è un mangiatore e buongustaio formidabile, beve innumerevoli boccali di birra durante il giorno, e coltiva orchidee nella sua terrazza. Di Holmes tutti conoscono le ore di ipnotica meditazione, il violino, il ricorso agli stupefacenti. Ama travestirsi, e Poirot, che spesso lo segue in questa specialità, è non meno teatrale nella regia delle sue messe in scena che smaschereranno il colpevole.
Poirot è attore, e regista. Chi gli prepara l’entrata in scena è quello che sarà il suo secondo, formando una nuova copia celebre nel mondo degli investigatori: Nero Wolfe ha come assistente Archie Goodwin; il più inquietante e strano, Sherlock Holmes il fedelissimo Watson, ex ufficiale ferito in guerra, proprio come il nuovo futuro vice di Poirot. Questo inizio è un inequivocabile omaggio di Agtha Christie al maestro Conan Doyle, che ricambierà la stima, in un momento veramente particolare della vita della famosa scrittrice, scomparsa all’improvviso senza lasciar traccia,dopo essere stata lasciata dal marito per la sua amante. Tutto il mondo, compreso il New York Times, parla di questa misteriosa scomparsa, oltre mille agenti di polizia, 1.500 volontari e aerei in perlustrazione. E in quei terribili dieci giorni Arthur Conan Doyle regalò a una medium uno dei guanti della Christie, per aiutarla a trovare la donna scomparsa. Che poi fu trovata in un hotel dove aveva preso alloggio sotto falso nome.
A parte il mistero della scomparsa, è significativo che il maestro del poliziesco si attivi per trovare l’amica, non solo: rivolgendosi a una medium. Come l’autrice di Poirot e Miss Marple, anche quello di Holmes non disdegnava affatto veggenti e sensitivi e investigatori paranormali. Poirot è una creatura della Christie, e al suo raziocinio dichiarato ostentatamente, associa uno straordinario istinto intuitivo, in lui ragione e intuizione convivono come due opposti, il suo costante appello a usare le “cellule grigie”, non si riferisce solo alla parte razionale del cervello, ma a quella che affonda nel mistero. Infatti l’altra sua parola d’ordine è “psicologia”.
Come Holmes, come Nero Wolfe, la sua mente affronta quotidianamente il mistero, per trovare la luce. Ma con una differenza fondamentale: i primi due amano il mistero, Poirot no. Poirot ama la giustizia, non sopporta il delitto perché ama l’uomo: gli altri due grandi sono intellettuali, Poirot, pur famoso, ricco, vanitosissimo e eccentrico, è un poliziotto.
Il cinema, che ha ulteriormente celebrato e reso famosa la sua figura, non ha reso però un buon servizio al vero Poirot, quello dei libri: troppo caricaturale, nei film, spesso al limite della macchietta, ma in questo cliché scompare il rigore morale di Poirot, affiora solo a sprazzi la sua compassione, per le vittime, per una vecchietta impoverita o una ragazza corrotta ma ricattata, per un innocente accusato ingiustamente di omicidio, antipatico, arrogante, ma innocente, e, dice Poirot, un poveruomo.
Solo Kenneth Branagh in un film recente ha creato un Poirot simile a quello del libro, o meglio simile a quello dell’anima di Agatha Christie. Che, anche non si è mai considerata un grande scrittore, ma solo (vorrei vedere) un autore unico e capace di catturare ovunque e sempre, anche se disdegnata dal migliore, sul piano letterario, degli autori di polizieschi, Raymond Chandler, è lo scrittore inglese più tradotto di sempre dopo William Shakespeare.