Roma. Addio Mario Tronti, teorico del pensiero operaio
Il politico e filosofo Mario Tronti
È morto a 92 anni Mario Tronti, uno dei principali fondatori ed esponenti del marxismo operaista teorico degli anni Sessanta. A darne per primo notizia su Twitter è stato il senatore del Partito Democratico Stefano Vaccari: «Un grande onore essere stato tuo collega in Senato per cinque anni, ed imparare da te sulla politica, la sinistra e il partito». A questo primo ricordo ha fatto seguito un ampio cordoglio del mondo politico e istituzionale. Nato a Roma il 24 luglio 1921 da una famiglia popolare che lavorava ai Mercati generali e abitava nel quartiere Ostiense, Mario Tronti, dopo aver frequentato il liceo classico “Pilo Albertelli”, si laureò in filosofia nel 1956 all’Università di Roma con Ugo Spirito, discutendo una tesi sulle opere giovanili di Marx. Accanto all’impegno di studioso affiancò fin da subito quello politico, iscrivendosi nel 1951 alla Federazione giovanile comunista e nel 1954 al Partito. Nel 1956 prese posizione a favore degli insorti ungheresi, tramite il celebre “Manifesto dei 101”. Considerato uno dei fondatori dell'operaismo teorico degli anni Sessanta, le cui idee si trovano riassunte nel libro del 1966 Operai e capitale, Tronti inizialmente partecipò con Raniero Panzieri all'esperienza dell'operaismo di “Quaderni rossi” ma dopo appena tre numeri, con Alberto Asor Rosa, Romano Alquati, Antonio Negri e altri uscì dalla rivista per fondare un nuovo giornale, “Classe operaia”, pubblicato dal 1964 al 1967: Tronti ne fu il direttore. Nel 1970 venne chiamato, come incaricato, all'Università di Siena, dove insegnò per trent'anni Filosofia morale e poi Filosofia politica. Si riavvicinò al partito con Enrico Berlinguer, fondando tra l’altro nel 1981 l’influente rivista “Laboratorio politico”. Dopo essere stato candidato senza successo dal Pci alle elezioni del 1987 alla Camera, alle elezioni del 1992 fu eletto al Senato nelle liste del Partito Democratico della Sinistra. Dal 2004 al 2015 è stato presidente della Fondazione CRS (Centro per la Riforma dello Stato) - Archivio Pietro Ingrao; alle elezioni del 2013 era stato di nuovo eletto al Senato nelle liste del Partito Democratico.
Per ricordare correttamente Mario Tronti dobbiamo ricordare prima di tutto il rapporto che aveva con il mondo cattolico, e specialmente con la realtà dei Piccoli fratelli di Gesù. Negli ultimi anni Tronti aveva voluto approfondire, insieme con me e a alcuni altri, la spiritualità di Charles de Foucauld in rapporto ai poveri. Perché ai poveri, e non agli sfruttati? Perché, come avevamo discusso assieme negli ultimi anni (fino ad arrivare alla sua introduzione – l’ultima che scrisse – al mio Poveri e capitale, edito da Scholé nel 2019), non si potevano comprendere i movimenti del proletariato senza riandare alle radici dei movimenti medioevali e rinascimentali delle rivolte dei poveri in tutta Europa.
Tronti era molto interessato a questa faccia della medaglia della sua teoria su operai e capitale perché aveva sempre insistito, nelle sue ricerche, sulla distinzione tra poveri e operai, separazione che io invece considero non definitiva: anzi, ritengo lo studio dei movimenti dei poveri come una premessa più profonda per arrivare a comprendere quella che nel ’900 si è chiamata la centralità della fabbrica, e cioè della classe operaia. Tronti, nella sua ricerca culturale e – se mi si permette – anche spirituale e religiosa, aveva compreso l’importanza di un clero che lavori manualmente. Da qui la sua stima per il movimento dei preti operai e per tutto ciò che hanno significato, nel ’900 e anche oggi, gli eredi di De Foucauld, la sua famiglia spirituale, i Piccoli fratelli e particolarmente la vita di padre René Voillaume.
In Mario il dialogo con il mondo cattolico è stato sempre stato, da che io ne ho memoria – e lo conoscevo da decine di anni –, non soltanto quello di un rapporto di potere politico (che comunque lui non escludeva affatto, come nella fase del compromesso storico): dava molta più importanza alle questioni culturali e teologiche. In queste ore tanti ricordi e immagini della sua figura mi vengono alla coscienza perché, dopo il mio ingresso nel Partito comunista italiano nel 1975, con Mario ci collegammo subito, date le precedenti esperienze sia sue che mie sull’operaismo: io in “Lotta Continua”, lui ancora prima in “Classe operaia”. La scoperta, con Mario, della tematica del decisionismo politico attraverso la straordinaria figura di Gianfranco Miglio, all’epoca preside della Facoltà di Scienze politiche dell’Università Cattolica di Milano, ci unì ancora di più, e con noi Massimo Cacciari, Giovanni Bianchi e Lorenzo Ornaghi.
La figura di Mario Tronti nella storia della sinistra italiana è molto peculiare non solo per quello che ho raccontato fin qui, ma anche per la straordinaria lucidità con cui il giovane Tronti si era formato con Asor Rosa e Panzieri intorno all’iniziativa di “Quaderni rossi”: una, se non la principale, rivista dell’operaismo italiano. Le strade per un ricongiungimento tra Mario Tronti e le tematiche del mondo cattolico maturarono lentamente, non senza contraddizioni, ma nella fase dopo il 1975 divennero esplicite anche per il rapporto che avevamo costruito insieme nelle riviste “Bailamme” e “Laboratorio politico”. In ambedue la figura che nel mondo cattolico interessava di più questi miei amici marxisti era quella del formidabile erudito prete romano don Giuseppe De Luca; Tronti era affascinato dalla figura di questo prete, grande amico di Franco Rodano e di Giuseppe Dossetti.
Come si vede, per Mario Tronti la realtà del mondo cattolico si esprimeva sempre più nella ricerca di una comune umanità a cui lui teneva molto, specialmente in questi ultimi decenni di egemonia della cultura radicale nichilista. Il tema che lo coinvolgeva molto, anche psicologicamente, era proprio quello della frantumazione nella sinistra su un profilo unitario di persona umana, e di una società omogenea a questa persona umana, senza il quale la sinistra non potrà mai, secondo lui e anche secondo me, risorgere con una capacità di programma politico. La tristezza di Tronti nel vedere una sinistra radical-liberale, con la scomparsa di una riflessione personalista e comunitaria, era molto forte.
Scompare questo mio amico in un momento drammatico della situazione italiana e della situazione, vorrei dire, anche europea, con la guerra tra noi. Lui era molto critico su questa guerra, sulle forze che impersonano l’amico e il nemico; aveva partecipato anche alla stesura nel libro che uscirà nel prossimo settembre per le edizioni Belforte di Livorno sui Nodi dell’Occidente. Negli ultimi mesi ci sentivamo raramente, ormai; credo che la ricerca premurosa e silenziosa di Mario sul Vangelo e sulle questioni ultime del nostro destino rimarranno un mistero agli amici, ma aperto alla misericordia del Signore.