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Londra. Addio alla sociologa Margaret Archer

Redazione Agorà venerdì 26 maggio 2023

Margaret Archer

La sociologa e filosofa britannica Margaret Scotford Archer, l'esponente più rappresentativo in ambito internazionale del realismo critico nelle scienze sociali dopo il suo fondatore Roy Bhaskar, è morta all'età di 80 anni nella sua casa nelle British Midlands. L'annuncio della scomparsa, avvenuta improvvisamente domenica 21 maggio, è stato dato dal Centre for Critical Realism, fondato dalla stessa Archer nel 1996 all'Università di Warwick, dove ha insegnato filosofia e teoria sociale per quasi tutta la sua carriera accademica. Dal 1986 al 1990 è stata presidente dell'Associazione Internazionale di Sociologia ed era membro dal 1994 della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, di cui è stata presidente dal 2014 al 2019.

I libri Culture and Agency (1988), Realist Social Theory: The Morphogenetic Approach (1998) e Being Human: The Problem of Agency (2000), pubblicati da Cambridge University Press, offrono gli elementi fondativi di un'antropologia sociale, che prende le mosse dalla necessità di resistere "all'impoverimento dell'umano in atto nelle società occidentali contemporanee" in cui il relativismo culturale e l'ideologia post-modernista sembrano mettere in discussione ogni forma di attività conoscitiva. In italiano sono stati pubblicati i suoi volumi La morfogenesi della società. Una teoria sociale realista (Franco Angeli, Milano, 1997); La conversazione interiore. Come nasce l'agire sociale (Erickson, 2006); Essere umani. Il problema dell'agire (Marietti 1820, 2007), Riflessività umana e percorsi di vita. Come la soggettività umana influenza la mobilità sociale (Erickson, 2009).

L'umanità e la nozione stessa di soggetto umano sono minacciate dal pensiero postmodernista che ha dichiarato non solo la "morte di Dio" ma la "morte dell'uomo", sosteneva Archer, che rivendicava il concetto di umanità, respingendo la teoria sociale contemporanea che cerca di sminuire le proprietà e facoltà umane. La filosofa inglese sostiene che "essere umani dipende da un'interazione con il mondo reale, in cui la pratica detiene il primato sul linguaggio rispetto all'emergere dell'autocoscienza umana, del pensiero, dell'emozionalità e dell'identità personale, tutti precedenti, e più elementari, rispetto alla nostra acquisizione di un'identità sociale".

Nei suoi volumi, tra i più importanti pubblicati negli ultimi decenni nell'ambito della teoria sociale, sono presi in esame in modo analitico i processi attraverso cui emergono l'autocoscienza, l'identità personale e l'identità sociale. Le argomentazioni della Archer si basano su un punto di vista originale che intende rifiutare tanto un modello di attore sociale ipersocializzato (sociologistico) quanto uno iposocializzato (economicistico), sia i punti di vista che rendono tutto ciò che siamo un prodotto della società, sia quelli che asseriscono che tutto ciò che costituisce la società possa essere desunto solo da ciò che siamo come individui. Per Archer il senso del sé, quale parte della nostra umanità, precede ed è originale rispetto alla socialità; l'autocoscienza ha un fondamento pratico, non linguistico.

Le pratiche incarnate degli uomini nel mondo, definite "la fonte non verbale della ragione", hanno una priorità, tanto logica quanto sostanziale, rispetto alle relazioni sociali nell'emergenza di un senso permanente del sé e nello sviluppo delle proprietà personali (che esistono già, in potenza, nel neonato). Con queste considerazioni la Archer, preoccupata per tutte le forme di costruttivismo sociale che tendono a vanificare l'umano, intende preservare l'eccedenza della persona umana, la sua irriducibilità rispetto al contesto sociale in cui si trova a vivere. Andando alla ricerca di ciò che costituisce il 'proprium' dell'essere umano, la Archer individua una serie di premure riferibili all'ordine naturale, all'ordine pratico, all'ordine sociale che sono compendiate in quelli che vengono chiamati "ultimate concerns", interessi ultimi.

Riprendendo le tesi del filosofo Harry G. Frankfurt, Archer sostiene che "noi siamo ciò che più ci prendiamo a cuore". Questo significa che il nostro io si genera perseguendo ciò che ci sta ultimamente a cuore. Gli "interessi ultimi" non nascono in modo solipsistico, né possono essere introdotti nella persona dall'esterno (si tratterebbe in questo caso di alienazione), ma sorgono invece in relazione a come la persona definisce le proprie scelte rispondendo, da un lato, alla domanda della società e perseguendo, dall'altro, le esigenze più profonde dell'io. L'identità della persona nasce dal dialogo che essa è capace di intrattenere con se stessa e con le identità che le sono attribuite dalle istituzioni (famiglia, società, stato, comunità religiose). Questo dialogo, che Archer chiama "conversazione interiore" costituisce il fondamento della riflessività e della trascendenza della persona.