Agorà

Arte e fede. Accettare il Risorto: la fede nata dal dubbio

François Boespflug venerdì 2 aprile 2021

Arcabas, "Sulla strada" (1994)

Proponiamo uno stralcio del testo di François Boespflug dal volume Il giorno di Pasqua nell’arte, edito da Jaca Book/Academy for Christian art (pagine 356, euro 70,00) con ricco corredo iconografico. Il teologo, storico dell’arte e storico delle religioni, professore emerito dell’Università di Strasburgo, si interroga su che cosa è accaduto il giorno di Pasqua: un attento studio dei racconti dei quattro Vangeli rivela cinque fasi principali, dall’alba al tramonto, che sono in realtà cinque incontri che l’autore presenta attraverso una selezione di opere d’arte. Boespflug è stato editore letterario per le Éditions du Cerf, titolare della Chaire du Louvre nel 2010 e della Cattedra Benedetto XVI a Ratisbona nel 2013. Le sue numerose pubblicazioni si focalizzano sulla storia delle religioni e la rappresentazione del divino.

Robert Zünd, “La marcia verso Emmaus” (1877) - Immagine dal volume di François Boespflug “Il giorno di Pasqua nell’arte” (Jaca Book/Academy for Christian art)


L’approccio alla Risurrezione attraverso opere d’arte ispirate direttamente ed esclusivamente ai testi evangelici dei testimoni viventi del Risorto incontrati il giorno di Pasqua, ha come principale obiettivo, ai nostri occhi, di imparare a percepire e contemplare questo evento decisivo della storia al di fuori del “prêt-à-porter” del Credo della Chiesa. Non ci siamo affidati all’Anastasis [la discesa di Cristo agli Inferi,

ndr] o all’Uscita dal sepolcro, ossia alla percezione presunta, postulata dalla fede della Chiesa, di defunti celebri quali Adamo ed Eva, Davide e Salomone, Abele o Giovanni Battista, né agli occhi addormentati di soldati inferiori al loro compito, e ancor meno a Dio o agli angeli in cielo, ma alla luce vista da un altro punto di vista. O se si preferisce, da altri occhi. Ossia con gli occhi esitanti, interrogativi, dubitativi e presto incantati e stupiti dei contemporanei del Risorto, che vissero lo shock emotivo della sua crudele uccisione in un venerdì pomeriggio e senza dubbio precipitarono in un profondo scoraggiamento, aggravato dal dubbio rispetto a quanto avevano pensato di aver capito e avevano osato sperare da Gesù.

Con gli occhi, il cervello, la mente, il cuore di tutti coloro che hanno faticato a credere, due giorni dopo, domenica, alle voci circolate sulla sua tomba vuota, che Pietro e Giovanni trovano tale, la presenza di angeli al sepolcro che affermano non solo che il Crocifisso non era più presente ma che era risorto, poi la testimonianza di una donna che osò sostenere contro ogni probabilità che aveva parlato con Lui, e che Cristo era assolutamente vivo, poi quella di due discepoli con i quali, secondo loro, avrebbe camminato poi cenato, e infine quella dello stesso Risorto o più esattamente il rosario delle prove che ha fornito agli Undici, alla fine della giornata, che Egli è vivo, mobile, loquace, dotato di un corpo vivente, ferito, ancora sanguinante, ma capace di muoversi, di parlare e perfino di mangiare pesce alla griglia davanti ai loro occhi sbalorditi. L’esame del corteo necessariamente selettivo di dipinti che rende conto della serie delle constatazioni successive, incontri e testimonianze, permette di avvicinarsi ad un’affermazione che sta per diventare evidente: è vivo. Ed emergono diversi insegnamenti, che è utile memorizzare: lo stesso evento può essere all’origine di una serie di percezioni così estranee l’una dall’altra che queste rischiano di contraddirsi o escludersi a vicenda; che la verità, tra gli uomini, viene conquistata lentamente, a prezzo di confronti con il dubbio reso ostinato dalla sua verosimiglianza, e passa necessariamente attraverso un raccoglimento e un confronto di punti di vista divergenti; che l’affermazione della Risurrezione di Cristo, prima di poter essere adottata pacificamente e con fermezza dalle persone coinvolte e poi dal Collegio degli Apostoli, ha dovuto affrontare diverse e agguerrite resistenze, un processo che è lecito pensare sia la regola ordinaria dell’atto di fede concernente l’invisibile e l’essenziale, l’illuminazione immediata, irresistibile e definitiva non è decisamente la legge comune in materia di fede religiosa.

È fondamentalmente rassicurante che la fede nella Risurrezione di Cristo non si sia imposta improvvisamente e in un solo momento dopo una sorta di illuminazione collettiva accecante. Al contrario, ha incontrato, tra coloro che avrebbero dovuto o potuto far proprio quasi spontaneamente, a causa del loro attaccamento a Cristo e della loro familiarità con il suo insegnamento e delle osservazioni velate ma annunciatrici, un profondo scetticismo, che ha dimostrato la sua tenacia lungo tutto il giorno di Pasqua. Questo è particolarmente vero tra gli Undici, che tuttavia sono rimasti fedeli a Cristo a differenza di Giuda, nonostante la loro discrezione e anche la loro assenza sotto la Croce sul Golgota, eccetto l’apostolo Giovanni. Per quanto possa sembrare sorprendente, dall’alba al tramonto del giorno di Pasqua, nolens volens, gli Apostoli resistettero tenacemente all’affermazione che Cristo era risorto dai morti.

“La scomparsa del Risorto”, mosaico del Duomo di Monreale (XII secolo) - Immagine dal volume di François Boespflug “Il giorno di Pasqua nell’arte” (Jaca Book/Academy for Christian art)

A questo proposito, la partecipazione e lo studio accurato dei racconti dei quattro Vangeli riguardanti lo svolgersi della Pasqua sono molto istruttivi. Dimostrano che l’ambiente delle persone vicine a Gesù di Nazareth, da un punto di vista intellettuale, religioso o psicologico, non aveva tendenza a fare propria qualsiasi diceria, anche se volta a rendere gloria al proprio eroe. Si scopre anche che gli Undici non si comportano come soldati a una sfilata ufficiale. Non sappiamo quasi nulla di quello che potrebbero essersi detti nel Cenacolo durante quel giorno, ma sembra molto improbabile che siano rimasti in silenzio o che abbiano espresso un giudizio unanime dopo che Pietro e Giovanni furono tornati dalla tomba vuota. La fede pasquale appare quindi come la sopravvissuta vittoriosa di una sorta di lotta invisibile tra il rifiuto di credere a qualsiasi cosa e l’onestà di prestare almeno attenzione a quanto affermano alcuni testimoni credibili. E insegna anche che la fede nella Risurrezione fu presentata quattro volte, durante il giorno di Pasqua, alla sorta di tribunale che l’“Ufficio Apostolico” degli Undici costituì, perché fosse infine convalidata. [...]

La giornata fu decisamente lunga per tutto il gruppo dei discepoli di Cristo. La sua lunghezza sembra essere dettata dalla necessità di un’opera di riconoscimento che doveva proseguire fino al suo compimento. Non è insignificante, da un punto di vista teologico, dire che il gruppo degli Undici fu – almeno secondo la versione del Vangelo di Giovanni – la “giurisdizione ultima” per la quale Gesù stesso dovette passare affinché la sua Risurrezione fosse registrata come un fatto prodigioso e decisivo che, da quel momento, il Collegio Apostolico e poi la predicazione del Vangelo in generale proclamarono in tutto il bacino del Mediterraneo.