Agorà

TESTIMONIANZA INEDITA . Padre Tentorio: a scuola di speranza

Fausto Tentorio lunedì 16 gennaio 2012

​Vi racconterò un giorno di scuola di un bambino manobo, nel corso del loro anno scolastico che dura ben 10 mesi, dall’inizio di giugno alla fine di marzo, esclusi il sabato e la domenica. La giornata inizia presto al mattino, la sveglia solitamente è al canto dei galli, dalle 4 alle 5, dipende da quanti chilometri devono fare a piedi per raggiungere la scuola. Appena svegli, prima di alzarsi, si stiracchiano per vincere il freddo che passa dalle pareti della capanna, fatta di bambù intrecciato. Buttano da parte uno straccetto che è servito da coperta e si alzano dal giaciglio di paglia.In piedi continuano lo stiracchiamento, arrotolano la stuoia, spesse volte rosicchiata dai topi (sì, perché i topi sono di casa nelle loro campagne), e la ripongono sul pavimento rialzato di canne di bambù sul quale hanno dormito. In piedi tra il chiaro e lo scuro (solitamente albeggia tra le 5.30 e le 6) cominciano a sbrigare alcune faccende di casa. Se è una bambina aiuta la mamma ad accendere il fuoco, pulire per terra, preparare da mangiare o accudire i fratellini più piccoli. Se è un bambino aiuta il papà a prendere la legna, l’acqua, e a portare al pascolo gli animali - bufali, cavalli, capre - se ne hanno.

Sbrigate queste piccole faccende, vanno alla sorgente o al fiume a lavarsi. Solitamente niente sapone: prendono un sasso ruvido e lo strofinano sulla pelle cercando di togliere lo sporco. Si lavano i propri vestiti con l’acqua, in genere senza sapone né detersivo, li strizzano e se li rimettono addosso. Tornati a casa, si preparano per la scuola. Tolgono i vestiti bagnati e li stendono: saranno asciutti per il pomeriggio. Si mettono la divisa della scuola e guardano se la mamma ha cucinato qualcosa per colazione. Se c’è, solitamente si tratta di patate dolci bollite, altrimenti preparano il cibo da portare a scuola per il pranzo: granoturco macinato grosso o riso bollito. Raramente hanno qualcosa come companatico (pesce secco o salato, mezzo uovo bollito o anche solo sale). Il tutto viene trasportato avvolto in una foglia di banano.Quindi preparano lo zainetto, o una borsetta di plastica, inserendo l’involto con il cibo, un quaderno, una penna e una matita. Ora sono pronti per partire dalle sei alle sette, dipende da quanto sono lontani dalla scuola, e si chiamano a vicenda mentre passano davanti alle capanne degli altri bambini. Vanno a scuola in gruppo, a piedi nudi con le scarpe in mano per evitare che si consumino, su e giù per le colline attraversando torrenti senza ponti, sotto il sole o la pioggia, tra la polvere e il fango, percorrendo spesso fino a 6 chilometri. Arrivati a scuola, con una mano si asciugano il sudore, si mettono in fila per l’alza bandiera e l’inno nazionale. Sono le 7.15. Dopo l’inno nazionale si fa una decina di minuti di ginnastica, si pulisce il giardino della scuola e le aule, dopo di che, verso le 8, tutti dentro. Ciascuno ha la sua sedia-banco che si è dovuto fare e portare da casa all’inizio dell’anno scolastico. In un’aula di circa 50 metri quadrati ci devono stare 50 bambini e più. Alcuni, quelli che ancora non si sono fatti la sedia, rimangono seduti per terra. Le lezioni si svolgono in tagalog, la lingua nazionale, o nel dialetto delle maestre (sebuano o ilongo) con qualche frase ogni tanto in inglese. Comunque, per i bambini manobo tutte queste lingue sono straniere, come stranieri sono i loro compagni non manobo. Per questo i primi mesi di scuola sono veramente duri: si sentono proprio come pesci fuori d’acqua. Se riescono a resistere c’è possibilità che continuino la scuola, altrimenti smettono di andarci e poi è difficile che riprendano. In ogni modo le maestre quasi sempre seguono solo i più interessati.Alle 9.45 ci si ferma per 15 minuti, i bambini escono dalla scuola per respirare un po’ d’aria chi non ha fatto colazione inizia a sentir brontolare lo stomaco e non resiste alla tentazione di aprire il fagottino del cibo portato da casa, incominciando a pranzare. Poi a mezzogiorno si vedrà. Alle 10 si ritorna in classe fino alle 11.30. La sosta del mezzogiorno è più lunga, va dalle 11.30 fino all’una del pomeriggio. La parte più importante è il pranzo (per chi non l’ha mangiato prima) che viene consumato al massimo in 10 minuti. Il resto del tempo i ragazzi dormicchiano sotto qualche albero o giocano. All’una si ritorna in classe. Il pomeriggio è la parte più dura. Il sonno incomincia a farsi sentire specialmente per quelli che si sono svegliati alle 4.30. Approfittando di un altro breve riposo, alle due e mezzo, i bambini scrutano che tempo fa. Se non promette bene e abitano lontano o hanno torrenti da attraversare, prendono lo zainetto, le scarpe in mano e, molte volte senza dir nulla alla maestra, via a casa sperando di non trovare qualche fiume in piena. Altrimenti, se il tempo è buono rimangono a scuola fino alle quattro.Tornati a casa mettono lo zainetto al sicuro dei topi, si tolgono la divisa, si rimettono i vestiti che avevano lavato la mattina e nascondono le scarpe in un cantuccio della capanna, sperando che non vengano portate in giro per il villaggio dal cane. Dopo essersi riposati un po’, riprendono i lavori domestici. Le bambine aiutano la mamma ha preparare la cena e accudiscono i fratelli più piccoli. I. bambini aiutano il padre a sistemare gli animali, prendere l’acqua e la legna. Compiti scolastici a casa: neanche parlarne! Verso le sei, quando incomincia a fare buio, si mangia: patate dolci, riso o granoturco bollito. Se c’è, un po’ di verdura e pesce salato. La carne è un lusso . Verso le sette è ormai buio. Si stende la stuoia sulla paglia e tutti a letto. Molte volte i bambini tornano tardi da scuola e si addormentano sul pavimento saltando al cena.Questa è la vita dei bambini manobo. Cosa vogliono? Cosa sperano? A volte è difficile capirlo anche per loro. Non hanno molte possibilità di scelta, però pian piano si stanno convincendo che è importante studiare, saper leggere e scrivere, imparare la lingua, e soprattutto inserirsi nella società. Chi si chiude in se stesso è perduto.