Agorà

La mostra a Firenze. A Santa Croce l'arte racconta le stimmate di san Francesco

Andrea Fagioli martedì 3 dicembre 2024

Il tabernacolo «portatile» di Taddeo Gaddi

Pochi oggetti di tipologie diverse per una ricerca sul rapporto tra parole e immagini che documenta un progetto di comunicazione senza precedenti, quello che i frati francescani misero in atto a pochi anni dalle Stimmate ricevute da Francesco a La Verna il 17 settembre 1224. Non erano tempi facili, il rischio di cadere nell’accusa di eresia era dietro l’angolo, ma il miracolo della conformazione del Poverello d’Assisi a Cristo andava proclamato al mondo, sia pure con tutte le cautele del caso, compreso il tener nascosto, almeno all’inizio, che i segni impressi sul corpo del santo non erano solo nelle mani e nei piedi, ma anche nel costato. Non a caso la più antica raffigurazione delle stimmate, dipinta negli anni Quaranta del Duecento dall’anonimo «Maestro della croce 434», mostra le sacre ferite solo nelle mani e nei piedi. Mostrare la quinta piaga sarebbe stato un azzardo, un eccesso nel racconto del conformarsi di Francesco al Crocifisso. Soltanto opere successive mostreranno anche la ferita nel costato, a testimonianza di una gradualità comunicativa che ben si comprende attraverso la mostra "La croce che fiorisce e le Stimmate di Francesco" allestita nel Refettorio d’inverno del complesso monumentale di Santa Croce a Firenze per celebrare appunto gli ottocento anni dalla stimmatizzazione del Santo d’Assisi (1182-1226).

Si tratta di un percorso espositivo essenziale, ma di singolare originalità, dove dialogano opere d’arte e antichi documenti a partire proprio dal rammentato dipinto del «Maestro della croce 434» conservato alla Galleria degli Uffizi e prestato per l’occasione, così come le due formelle di Taddeo Gaddi (Firenze 1300 circa - 1366), che chiudono la mostra, con la Crocifissione di Cristo e San Francesco che riceve le Stigmate, che fino al 1810 facevano parte dell’arredo della sacrestia di Santa Croce e che adesso arricchiscono la Galleria dell’Accademia di Firenze (quella del David di Michelangelo per intendersi). Ma il singolare fiore all’occhiello della mostra è un’altra opera di Taddeo Gaddi, mai esposta in pubblico, appartenente a una collezione privata: un tabernacolo «portatile» con varie scene evangeliche, dal Battesimo di Gesù alla Crocifissione, e scene di santi tra cui, ovviamente, Francesco stimmatizzato. La peculiarità iconografica dell’opera ne fanno un unicum nell’ambito della pittura fiorentina del Trecento e si integra perfettamente nel progetto espositivo. La Crocifissione, infatti, si qualifica come una rara variante della croce «che fiorisce» (da qui anche il titolo della mostra) e che rimanda al grande affresco dell’Albero della vita (databile intorno al 1355) sull’intera parete di fondo dell’attiguo Cenacolo dove Gaddi, pittore per eccellenza di Santa Croce, allievo e collaboratore di Giotto, dipinse anche l’Ultima cena e altre storie sacre tra cui, anche in questo caso, Francesco che riceve le Stimmate.

Ma sul tabernacolo «portatile», che contiene anche gli articoli del Credo sorretti dagli apostoli, c’è un’ulteriore suggestione: l’ipotesi che Gaddi lo abbia realizzato intorno al 1320 per il frate inquisitore, tenendo conto che Santa Croce è stata per secoli sede dell’Inquisizione. Si fa anche il nome di Fra’ Pace da Castelfiorentino, inquisitore del 1319 al 1322. Al di là di questo, resta il fatto che Santa Croce è stato un luogo privilegiato di riflessione sull’evento delle Stimmate e quindi della produzione di immagini sulla centralità della Croce nella biografia di Francesco e la sua conformità a Cristo.

L’esposizione, visitabile fino al 30 marzo prossimo, è stata curata da filologi e storici dell’arte come Sonia Chiodo, Giovanni Giura, Anna Pegoretti e Federico Rossi, proprio per raccontare, come accennato, i cambiamenti nelle rappresentazioni artistiche del miracolo delle Stimmate tra la metà del Duecento e la prima metà del Trecento, mettendo a confronto opere e antichi manoscritti, in vario modo legati alla basilica fiorentina, che dopo secoli tornano nella loro sede d’origine. Basti pensare che erano ben 800 i manoscritti conservati nel convento francescano e ora distribuiti in varie biblioteche.

Per l’Opera di Santa Croce, che gestisce il complesso monumentale, la mostra rappresenta, come sostiene la presidente Cristina Acidini, «un’occasione straordinaria per fare il punto sull’iconografia delle Stimmate», ma anche, come aggiunge il segretario Stefano Filipponi, per migliorare la fruizione e la comprensione di uno dei luoghi più visitati al mondo e «non rimanere schiacciati sul turismo».