Agorà

Il caso. A Budapest vanno in scena le Olimpiadi degli scacchi

Antonio Giuliano giovedì 12 settembre 2024

Chess Olympiad 2024 a Budapest

Tutto il mondo attorno a una scacchiera. Le Olimpiadi di Parigi sono finite, ma a Budapest hanno preso il via quelle di un gioco tra i più popolari e antichi dell’umanità. Un’edizione da record visto che le nazioni iscritte al torneo “open” sono ben 197 (184 in quello femminile), mai così tante nella storia delle “Olimpiadi degli scacchi”. Senza contare Russia e Bielorussia, escluse ancora per via dell’invasione in Ucraina. Quasi 2000 gli scacchisti in gara per 381 team. Dalla Cina agli Usa, dall’India al Brasile, dall’Australia al Camerun e alla Norvegia, tutti i continenti si daranno battaglia in Ungheria fino al 23 settembre. Sulla scacchiera c’è posto per tutti, anche per Stati piccoli come Isole Vergini e Grenada e perfino due formazioni di rifugiati del campo profughi di Kakuma, in Kenya. E dire che gli scacchi erano presenti anche alle Olimpiadi di Parigi del 1924 come sport dimostrativo in un torneo non ufficiale vinto dall’allora Cecoslovacchia. Si pensava che presto sarebbe diventata disciplina olimpica. Il sogno però non si è mai realizzato perché viene considerato sport “mentale” senza alcuno sforzo fisico. La speranza però è ancora viva pure per Los Angeles 2028, ma sulla candidatura pesa anche la lunghezza talvolta di certe gare, ritenuta un ostacolo importante per la spettacolarità: 20 ore la partita più lunga di sempre (con le regole moderne) giocata a Belgrado nel 1989 che finì in pareggio nonostante 269 mosse.

Di fatto però il Comitato olimpico internazionale (Cio) ha riconosciuto ufficialmente gli scacchi come uno sport con la relativa Federazione internazionale (Fide) che proprio quest’anno festeggia il centenario. È l’organismo che dal 1927 promuove questo torneo mondiale per squadre nazionali che dai Giochi olimpici ha preso in parte il nome: “Chess Olympiad” e non “Olympic Games”. Dal 1950 hanno assunto una cadenza stabile e si disputano regolarmente ogni due anni.

Questa ungherese è la 45ª edizione, l’ultima si è svolta nel 2022 a Chennai in India dove la storia degli scacchi pare abbia avuto origine nel VI secolo d.C. Arrivati in Europa intorno all’anno Mille grazie agli Arabi, si sono diffusi poi in tutto il continente. Nel XV secolo le prime partite “moderne” in Italia e Spagna anche se per il regolamento attuale bisognerà attendere il XIX secolo. L’etimologia della parola svela un po’ lo scopo del gioco, perché il termine “scacchi” deriva dal catalano e dal provenzale “escac”, parola a sua volta derivata dal persiano “Shah”, che significa “re”, proprio come la pedina principale. Vince infatti chi effettua per primo lo “scacco matto”, la minaccia senza possibilità di scampo che porta alla cattura del re avversario. Ogni giocatore ha a disposizione re e regina, due cavalli, due alfieri, due torri e otto pedoni: tutte le pedine sulla scacchiera (formata da 64 quadranti) rappresentano idealmente la vita di una corte o di un castello medievale.

Una passione che si tramanda da secoli e resiste all’usura del tempo: le ultime statistiche parlano di 600 mila praticanti nel mondo, ma sono almeno un miliardo le persone che giocano abitualmente per divertimento e per passione, a tavolino e sulle piattaforme on line.

Anche il pronostico è senza confini e mai scontato: a sorpresa campione olimpico uscente è l’Uzbekistan (dove si disputerà anche la prossima edizione nel 2026), ma in assenza della Russia, dovrà vedersela con tre potenze “scacchistiche” mondiali: Usa, India e la rientrante Cina (assente a Chennai) con il campione del mondo in carica Ding Liren. Occhio anche alla Norvegia che schiera il più famoso di tutti, Magnus Carlssen, campione del mondo incontrastato dal 2013 al 2023 e Gran Maestro (il titolo onorifico più alto), addirittura dal 2004, quando aveva soltanto 13 anni meritandosi l’appellativo di “Mozart degli scacchi”. In rampa di lancio però ci sono anche il tredicenne prodigio turco Yagiz Kaan Erdogmus, il più giovane GM (grande maestro) del mondo; Javon D James, 7 anni, di Grenada, il più piccolo partecipante alle Olimpiadi, e le leggende ucraine Ponomariov e Ivanchuk.

E l’Italia? Non siamo mai riusciti a salire su un podio olimpico, in un medagliere segnato dal vecchio primato dell’ex Unione Sovietica, 18 ori, mentre oggi al secondo posto troviamo gli Usa con gli stessi ori della Russia, 6, ma con più argenti. Anche a Budapest per la spedizione azzurra sarebbe già un sogno arrivare tra le prime dieci, ma è lecito aspettarsi anche la top 20 visto che attualmente siamo alla 28ª posizione del ranking mondiale. E tuttavia il movimento italiano è in salute. I tesserati alla Fsi, la Federazione scacchistica italiana (tra quelle che hanno dato vita alla Fide nel 1924) superavano quota 19.500 nel 2023 mentre il precedente record, registrato nel 2018, era stato di 15.789. Di questi, molti sono giovanissimi e hanno meno di 18 anni. Le tessere agonistiche, vale a dire gli adulti che frequentano regolarmente i tornei, risultano ad oggi 6.333. Un record storico che va a migliorare il precedente primato di 5.815 registrato nel 2022. A testimonianza della lunghissima tradizione storica del nostro Paese anche il primo dipinto di una partita a scacchi che si conosca al mondo: è quello risalente al 1143 nella Cappella Palatina del Palazzo dei Normanni a Palermo. Un gioco citato pure da Dante nel canto XXVIII del Paradiso (in cui paragona il numero degli angeli al doppiar degli scacchi) ma che ha conquistato nel corso dei secoli anche altri letterati. Da Ugo Foscolo che vi trascorreva giornate intere (e spesso si lasciava andare a scatti collerici) a Leopardi che si servì di una scacchiera per corteggiare ill suo primo amore, la marchesa Geltrude Cassi Lazzari. Rivalutati dalla Chiesa con papa Leone X, gli scacchi hanno avuto la benedizione anche dei santi: san Francesco di Sales li annoverava tra «i divertimenti buoni e onesti» insieme ai giochi che premiano «la destrezza e l’inventiva del corpo e dello spirito». Ma ancor prima anche la mistica Teresa d’Avila li indicò come metafora di una vita davvero cristiana. Vale per tutti, non solo per i giocatori impegnati a Budapest, quanto scrisse nel suo “Cammino di perfezione” in merito alla tattica per fare scacco matto al Re divino: «A scacchi la guerra più accanita il re deve subirla dalla regina, benché vi concorrano da parte loro anche gli altri pezzi. Orbene non vi è regina che più obblighi alla resa il Re del cielo quanto l’umiltà».