Agorà

La vigilia. Parigi divisa e blindata adesso gioca per unire

Alberto Caprotti mercoledì 24 luglio 2024

Soldati francesi pattugliano la Torre Eiffel decorata con i cinque cerchi olimpici

Soldati francesi pattugliano la Torre Eiffel decorata con i cinque cerchi olimpici / Kai Pfaffenbach/Reuters

Ci siamo. Quando atterri nella nobiltà della Ville Lumière e appena sbarchi a Orly la prima cosa luminosa che vedi è il cartello che divide i taxi per il centro a sinistra da quelli per la banlieue a destra, vuol dire che nemmeno l'Olimpiade è capace di abbattere le differenze. E che Parigi alla periferia dei suoi peccati è, e resta, una lotta di classe.

Ci siamo, o quasi. Quando una città decide di blindare una zona grande come la Val d'Aosta in attesa della cerimonia d’apertura, e riempie il suo grande fiume di sommozzatori antimine pur di non rinunciare al grandioso progetto di uno spettacolo mai visto, allora capisci che in nome dello sport si può tentare qualunque cosa. Ma quando 50 mila uomini addetti alla sicurezza mettono l'elmetto e sfoderano i mitra per difendere la pace, allora ti domandi a che Giochi stiamo giocando.

Una città stanca di essere solo cartolina seducente e golosa come un bignè alla crema, ha sparso sport ovunque, quasi fosse una semina per vedere cosa crescerà. Domani inizia l’Olimpiade e Parigi vuole mostrarsi diversa, meticcia, adulta, giovane. E non più solo scandalosamente affascinante. Per scrollarsi dalle spalle la polvere del passato, 100 anni dopo l’ultima volta, si è ricoperta di cantieri e affoga nel traffico. La città che ospitava i Giochi nel 1924 era la capitale mondiale della cultura e dell’eleganza: gareggiava in camicia e pantaloni lunghi, esaltava un certo Jonny Weissmuller che per tre volte nuotò nell’oro prima di diventare Tarzan sul grande schermo, celebrava l’epica impresa di Pavoo Nurmi, il finlandese volante che corse cinque volte sul gradino più alto del podio.

Ora non ha più record da esibire: sembra stanca, sudicia nell’anima e nelle strade, strattonata dai problemi del suo enorme contorno. “Ma ha sempre tanta, tantissima voglia di vivere”, come assicura la sua sindaca Anne Hidalgo, la donna che ha dichiarato guerra alle automobili e nuota nella Senna davanti alle telecamere per dimostrare che il fiume melmoso è sicuro e balneabile.

Molti parigini invece hanno preferito andarsene, hanno affittato a peso d’oro i loro appartamenti ai turisti e sono sfollati in campagna, infastiditi dall’aumento del prezzo dei mezzi pubblici – obolo da versare a Olimpia - e dal trambusto, insofferenti alle zone rosse e al QR code da mostrare ai controlli di sicurezza anche solo per tornare a casa loro. Non tutti l’hanno digerita questa idea dei Giochi, e ogni giorno le poche corsie preferenziali concesse ai mezzi olimpici lamentano chiodi buttati sull’asfalto per protesta da chi non li accetta proprio.

Ma l’occasione è ghiotta, l’autocelebrazione inevitabile. A partire dai 18 grammi di polvere di metallo della Tour Eiffel inserita nelle medaglie. Ferro e fuoco, furore giallo come i tramonti dietro Montmartre, senza gilet stavolta ma con le scarpe da ginnastica. L’edizione più cittadina e centralista della storia ha messo i monumenti nel tuorlo del suo progetto. Place de la Concorde ora si chiama Concord Park: il luogo dove cadevano le teste sotto la ghigliottina, oggi è un parco giochi con le pareti dell’arrampicata, i percorsi per le Bmx, e lo spazio per la breakdance che debutta ai Giochi per ballare sul mondo diventando per la prima volta uno sport olimpico dopo secoli trascorsi senza che se ne sentisse la mancanza. Significa che la debordanza dei padroni dei muscoli è pronta a riversarsi sul mondo. E che l’estetica sarà padrona.

Ai piedi della Tour Eiffel hanno gettato la sabbia dello stadio del beach volley. Poco lontano, sulla spianata degli Invalides, si esibiranno gli arcieri. Attraversando la Senna sul Ponte Alessandro III, c'è il Grand Palais per le gare di fioretto, spada, sciabola, e taekwondo. Con effetto centrifugo, quasi ogni disciplina avrà il suo spazio in città, dalla centrale Arena del Champs de Mars, al tennis del Rolland Garros, a ovest. Dall’equitazione che ha occupato Versailles, all'Arena del Parco delle Esposizioni, a sud. Dal palazzetto di Bercy, a est, a quello di Porte de la Chapelle, uno dei quartieri più disagiati, a nord. Scena irripetibile, quadro che si annuncia fantastico prima ancora di iniziare a dipingerlo.

Ma se Parigi era unica, creativa, rivoluzionaria e barricadera, ora sa di essere diventata divisiva, astiosa, lontana dal nocciolo delle attenzioni. Ha i Giochi per recuperare la sua grandeur, per far vedere al mondo che per un mese almeno può stupire, e abitare il futuro. Ha affidato allo sport il compito di riunire un Paese diviso dal voto e sedotto dagli estremismi, scommettendo tutto sull’equilibrio tra partecipazione e sicurezza, apertura al pianeta e protezione dei siti sensibili, organizzazione e caos.

Ma la città non rinuncia alla voglia di essere generosa e splendente. Lei che si è vista schiacciare dal terrore nella notte degli attentati del 2015, che ha pianto i morti del Bataclan e le vittime accoltellate fuori dai bistrot, che ha temuto e sfiorato la strage dentro lo Stade De France. La grande festa dell’inaugurazione questa volta e per la prima volta non sarà lì, nel chiuso di un monumento allo sport, ma sulla sua acqua più iconica, quella della Senna. Quasi a voler ribadire che questa città non si fa rinchiudere, ma vuole scorrere. Anche a costo di rimettersi nel mirino, in un contesto mai così aperto e vulnerabile, facile da colpire e difficile da difendere.

Parigi olimpica si è imposta anche di essere ecologica e sostenibile come nessun’altra in passato. Ha utilizzato quasi solo strutture già esistenti, ha riciclato, ridotto del 50% le emissioni durante i lavori rispetto a Londra 2012 e Rio 2016. Ha depurato, ha scelto impianti per l’80% al massimo entro 10 km dal Villaggio degli atleti per minimizzare gli spostamenti. E a poche ore dal via sparge ovunque repliche colorate della Venere di Milo, statua che deve la sua celebrità all’imperfezione. Come imperfetta è e sarà lei stessa, senza governo e senza ponti transitabili, pronta sfidare il tradizionale malumore dei suoi abitanti, per giocare e farsi guardare e invidiare senza soluzione di continuità.

«Ouvrons grand les jeux» (“Apriamo i Giochi in grande”), annuncia Emmanuel Macron alle televisioni sotto la Tour Eiffel, promettendo con un gioco di parole meraviglia e occhi spalancati. Ci siamo, o quasi. Elitaria e altezzosa come sempre, Parigi si tuffa nella manifestazione più inclusiva che esista: sembra uno slogan su un muro. E’ solo sport, contraddizione, vita. Bonne chance, Paris. Ne hai bisogno.