L’1 novembre del 1981 realizzò un 13 al Totocalcio da poco più di un miliardo di lire, ma non ha mai potuto incassare quella somma di denaro che avrebbe potuto cambiargli la vita. Il motivo? La titolare della ricevitoria in cui fu effettuata la giocata smarrì la matrice della schedina. Ora però, a distanza di oltre 30 anni e dopo una infinita serie di processi, Martino Scialpi, di 59 anni, di Martina Franca (Taranto) si è visto riconoscere dal Tribunale civile di Roma il diritto a riscuotere quella vincita.Il giudice Alfredo Matteo Sacco, in base all’art. 186 ter del codice di procedura civile, ha disposto una ingiunzione di pagamento di 2 milioni e 344mila euro nei confronti del Coni (cifra calcolata - si presume - computando interessi, rivalutazione e danni morali per i tempi intercorsi), che dovrà adempiere all’ordinanza, immediatamente esecutiva. Forse, perchè in realtà la vicenda pare tutt’altro che giunta al traguardo. Il giudice ha respinto le eccezioni dei legali del Coni, osservando che «l’imprescrittibilità dell’azione di nullità si estende alla conseguente e correlata azione di adempimento», che Scialpi ha «comunque compiuto innumerevoli atti idonei ad interrompere la prescrizione». Secondo il Coni invece, «il provvedimento del giudice Sacco, di cui è già stata chiesta la revoca perché ritenuto profondamente errato, sia in diritto che in fatto, è un’ordinanza ingiuntiva, revocabile in corso di giudizio e la cui efficacia può essere comunque posta nel nulla dalla sentenza che deciderà il merito della causa. Si tratta quindi - conclude una nota diffusa ieri sera - di un provvedimento provvisorio, in attesa che si tenga, tra pochi giorni, l’udienza di trattazione dell’istanza con cui il Coni ne ha chiesto la revoca». Felice, ma giustamente ancora sospettoso, il protagonista di questa infinita vicenda. «Finalmente vedo uno spiraglio di luce dopo 30 anni di battaglie giudiziarie. Il Coni ora provveda all’adempimento spontaneo del pagamento. E riconosca di aver sbagliato», osserva l’ambulante di Martina Franca, che non riesce ancora a gioire per l’ordinanza. «Finchè non vedrò corrisposta questa somma di denaro, finchè non vedrò che i soldi sono stati accreditati in banca, non potrò dire che la giustizia ha finalmente fatto il suo corso. Finalmente però - conclude Scialpi - il giudice ha accertato che ho diritto a quella vincita. Siano coerenti e accettino questa realtà. Mi chiedo però: quando mi pagheranno davvero?».