Da ”Vita da spiaggia” (Contrasto) di Martin Parr: Knokke– Heist, Belgio, 2001 - © 2020 Martin Parr / Magnum Photos
A Knokke–Heist, in Belgio, un signore si gode la spiaggia coperto dalla testa ai piedi: viso totalmente velato, scafandro rosso sul corpo, ascolta la musica con una cuffia, sotto un cappellino bianco. Se la didascalia non ci avvisasse che la foto è stata scattata nel 2001, potremmo pensare a un tipo da spiaggia particolarmente apprensivo al tempo del Covid, confuso fra distanze da tenere, cabine di... plexiglas, mascherina sì mascherina no, pericoli di contagio da spruzzi. Per non sbagliare, una mise da sala operatoria per affrontare la spiaggia in sicurezza. Un filo di ironia, nel rispetto del tempo drammatico che tutti abbiamo vissuto, sperando che il peggio sia stato superato. Ma di fronte alle foto “comiche” e pungenti di Martin Parr la realtà e il grottesco si fondono. L’acuto osservatore britannico, membro dell’agenzia Magnum, continua a farci riflettere, con il sorriso, su quello che siamo. Su come viviamo. Su usi e costumi che cambiano. Su comportamenti e tendenze. Sulle storture e gli eccessi che a volte ci concediamo. Sull’eccentrico che sfocia nel cafonal. Un maestro del genere Parr. Un suo scatto–simbolo, anno 1990, coglie tanti turisti in pose strane per farsi immortalare davanti alla celebre Torre pendente. Chi finge di tenerla in mano, chi la sorregge, chi la spinge, chi la raddrizza. Altrettanto celebri le foto più recenti delle comitive del turismo di massa, mordi e fuggi, a Venezia: visitatori in serie, tutti uguali, tutti in ansia da prestazione fotografica. Ben altre immagini rispetto alle città deserte degli ultimi mesi, con piazza San Marco vuota – per restare in Laguna – e i canali così trasparenti come non si sono mai visti, senza barche e gondole, al punto di avvistare le meduse. Città e mari senza gente. Parr, in vista di questa estate stranissima al tempo del coronavirus, in cui non è ancora chiaro come vivremo il mare, con quale spirito e con quali distanze, ci regala ora delle cartoline di gente di mare e di Vita da spiaggia (Contrasto, pagine 128, euro 21,90). «Sul suolo del Regno Unito è impossibile trovarsi a più di 100 chilometri dal mare. Con un litorale così esteso, non sorprende che in Gran Bretagna le foto in spiaggia rappresentino una tradizione ben consolidata. Se negli Stati Uniti è nata la street photography, nel Regno Unito c’è… la spiaggia. E forse l’esito più naturale è la beach photography – esordisce nel libro il grande fotografo –. Sulle spiagge britanniche le persone si rilassano, si sentono sé stesse e fanno sfoggio di tutti quei segnali del comportamento vagamente eccentrico che viene associato ai britannici. Da diversi decenni le mie fotografie documentano tutti gli aspetti di questa tradizione, con primi piani di bagnanti intenti a prendere il sole, ma anche immagini che raccontano i tuffi in mare o l’immancabile picnic». Ed ecco un amarcord della spiaggia così come l’abbiamo vissuta fino a oggi, nell’era pre–virus. Con una divertente carrellata di “tipi” e “gente” da spiaggia che ci ricorda la leggerezza degli arenili estivi.
Dopo i lunghi mesi di lockdown e il primo caldo, la corsa alle spiagge è cominciata. Gli assembramenti agli imbarchi per Capri dello scorso weekend, le code nelle autostrade liguri, le coste della Sicilia affollate, lo dimostrano. Nelle città di mare la prova costume è già stata in qualche modo affrontata. E se – fra perplessità e nuovi timori – il turismo con la “t” maiuscola stenta a ripartire (aeroporti mezzi vuoti, prenotazioni alberghiere al rallentatore e collegamenti con l’estero non proprio agevoli), la voglia di tutti di buttarsi alle spalle i momenti più difficili è umanamente (e comprensibilmente) forte. E allora perché non “buttarsi” al mare? Il tuffo come liberazione, la migliore medicina naturale per riempirsi i polmoni di salute. L’acqua salata come il migliore disinfettante del nostro umore. La spiaggia come un “porto franco” dove sospendere il senso di paura abbandonando gli occhi al blu dell’orizzonte, lì dove si è abituati a far cadere le formalità e a osare, esprimere al massimo le proprie bizzarrie, dare sfogo alle proprie estrosità, dove avvengono trattative e attività commerciali inusuali. Al di là delle latitudini, ciascuno secondo il proprio stile, pudore, rispetto. Proprio quello che fotografa l’originale Parr. «La mia carriera internazionale – riprende il fotografo 68enne – è cominciata con il libro del 1986, The Last Resort (titolo che suona più o meno come “l’ultima spiaggia”), che ritraeva la decadenza delle spiagge di New Brighton, località turistica vicino a Liverpool. Questo mi ha portato a realizzare foto di spiaggia anche in Argentina, Brasile, Cina, Spagna, Italia, Lettonia, Giappone, Stati Uniti, Messico, Thailandia, oltre che a continuare in Gran Bretagna. Un elemento unificante è l’opportunità di comprare qualsiasi cosa, su una spiaggia, dal gelato a Brighton, ai servizi di un pulitore per le orecchie a Goa, in India, dal pesce grigliato in Cile agli spaghetti precotti in Cina. Puoi capire infinite cose di un paese guardando le sue spiagge: attraverso le diverse culture, la spiaggia è quel raro spazio pubblico in cui si può trarre godimento dai rituali e dalle tradizioni spesso associate ai cliché nazionali più comuni di quel paese».
Sfogliando la Vita da spiaggia di Parr, in attesa di poterla vivere anche noi, troviamo una pancia da Super Tele a Benidorm, in Spagna; un patriottico bagnante con un costume–slip con bandiera americana a Miami, in Florida; una donna “impacchettata” da un improvvisato kway a Jurmala, in Lettonia (1999) lì dove una bambina si fa fotografare con un suggestivo arcobaleno che finisce in mare. A Eastbourne, in Inghilterra, un classico calzino bianco spunta dal sandalo di un signore appoggiato a una ringhiera, mentre a Cascais, in Portogallo, non manca lo spiaggiato addormentato sotto il sole a picco. E se nella spiaggia di Valparaíso, in Cile, si gioca con le onde, in quella di Chowpatty Beach a Mumbai, India, impazzano i selfie. Nel viaggio di Parr non mancano poi l’affollato lido artificiale del Seagaia Ocean Dome di Miyazaki, in Giappone e l’allegro caos di una spiaggia di Sorrento, Napoli, anno 2013. Scene che quest’estate – protocolli anti–Covid alla mano – non dovremmo vedere. Ma chissà. La “vita da spiaggia” è un altro mondo. E fra il dire e il fare, questa volta, di mezzo, c’è davvero il mare.