Il Fiore di pietra progettato sul Monte Generoso
Da un lato c’è l’arco alpino che si presenta nella sua maestosità oltre il lago di Lugano. Dall’altro la distesa della Pianura Padana, i laghi lombardi, Milano e persino la sua Madonnina che s’intravede nei giorni limpidi di sole. Liberando l’immaginazione si può pensare che in fondo c’è anche il mare. Siamo in cima al Monte Generoso, sopra Mendrisio, al confine fra il Canton Ticino e l’Italia. Una montagna semplice e magica, che unisce due mondi, due culture. Un crinale che fa incontrare l’Europa con il Mediterraneo. È questo luogo “alto” ad accogliere l’ultima creazione (e sfida) dell’architetto di fama internazionale Mario Botta. È il Fiore di pietra che svetta sul Generoso – una struttura a forma ottagonale in calcestruzzo rivestito da una muratura in pietra grigia delle cave di Lodrino a strisce alternate lisce e a spacco – con singoli “petali” che si innalzano prima con una leggera inclinazione verso l’esterno per poi richiudersi nella parte più alta, fra grandi vetrate.
È un’opera “laica” quella di Botta – di cui si ricordano meravigliosi esempi di architettura sacra, come la chiesa di San Giovanni Battista a Mogno, nella val Lavizzara –. Eppure si ha l’impressione che anche qui ci sia del «sacro». Botta non lo nasconde. «Il Fiore di pietra racchiude una metafora. Quando si è dentro ci si sente sospesi e sembra davvero di poter spiccare il volo. Ci spinge a pensare oltre il limite e il conosciuto. C’è del sacro, perché c’è del sacro nell’uomo che cerca una condizione al di là del calcolo possibile. Qui si prende possesso di una condizione particolare, se non unica, di essere nel cuore di molte culture, di mondi diversi, apparentemente lontani, che invece appaiono tutti magicamente sotto i nostri occhi. Uno spazio portatore di valori per chi arriva qui. Con un aspetto spirituale fortissimo».
Il Generoso è assai caro a Botta. «Lo frequentavo in gioventù – ricorda – durante alcune spedizioni avventurose fatte con amici nelle notti estive per giungere in vetta all’alba e assistere allo spettacolo del “sorgere del sole”, quasi un rito obbligato per noi adolescenti del Mendrisiotto. È una montagna che mi ha permesso di scoprire la vita e l’universo». Un rito «obbligato» anche oggi. «Raggiungere la sommità della montagna è un desiderio naturale dell’uomo; un modo per accedere a una condizione privilegiata rispetto all’orografia dell’intorno, per abbracciare i confini geografici e sentirsi parte della realtà che ci è data da vivere. Letterati e artisti hanno nei secoli lasciato tracce di questa loro volontà di immaginare l’immensità del cielo. Tutto questo mi è apparso improvvisamente evidente quando mi è stata offerta l’opportunità di costruire sulla vetta del monte Generoso. Non solo: di fronte all’urbanizzazione che la nostra generazione ha visto crescere, ho pensato che potesse esserci una via di fuga possibile alla banalizzazione e all’appiattimento della cultura globale».
C’è la meta, a quota 1704 metri. E c’è il percorso per raggiungerla.A piedi, in un paio d’ore di piacevole e suggestiva camminata. O con il treno a cremagliera che da Capolago (in 40 minuti) torna a risalire oggi, per i 9 km di ferrovia (www.montegeneroso.ch) che avvolgono il Generoso (qui circolò il primo treno a vapore svizzero nel 1890): «È come un cordone ombelicale che ci porta dal lago alla cima della montagna, fra boschi di faggi e larici. Un’esperienza di velocità “lenta” che abbiamo dimenticato e che ha la dimensione del sogno, se non dell’utopia». Il Fiore di pietra (finanziato dal “percento culturale” di Migros) che ha aperto i battenti ieri – esattamente 150 anni dopo l’inaugurazione del primo albergo costruito quassù e sullo stesso luogo dell’Albergo Vetta realizzato nel 1970 e demolito nel 2014 dopo il cedimento delle rocce sottostanti – è senza dubbio un’attrazione, ma il protagonista resta il Generoso, con il suo significato metaforico e ideale, con il suo panorama, con le attività che offre, i 50 chilometri di sentieri naturalistici, il centro astronomico, la Grotta dell’Orso e la piccola cappella dedicata alla «Madonna che ha portato al mondo Cristo, vera pace». Il Fiore di pietra è così un luogo di ristoro per chi raggiunge la vetta: ci sono servizi, offerte enogastronomiche (un ristorante gourmet affidato a Luca Bassan e un self-service), una sala conferenza e una terrazza che si apre sul fronte est seguendo il naturale crinale della montagna.«Credo che il ruolo dell’architettura – aggiunge Botta – sia di segnare la presenza dell’uomo.
L’architettura serve non a costruire su un luogo, ma a costruire quel luogo, a prendere possesso della terra. L’architettura trasforma una condizione di natura in una condizione di cultura. Prende lo spirito dell’uomo, la geometria dell’uomo, il calcolo dell’uomo e lo trasforma in un valore. Ho pensato che qui servisse una forma centrale, come una chiesa ortodossa, un punto di riferimento che non fosse solo la cima, la piramide. Ho pensato all’ottagono: la sua ricchezza è che non c’è una facciata, ma tante facciate. Come la pietra di un gioiello». Così il Fiore di pietra diventa un faro in mezzo alle montagne. Un porto sicuro da raggiungere, ma anche un magnifico punto di osservazione dell’infinito. Simbolo di una centralità «ritrovata» del Ticino che vuole aprirsi al mondo. Botta, da vero “momò” (così si chiamano comunemente gli abitanti del Mendrisiotto), non nasconde l’emozione. Lui che ha costruito opere straordinarie in tutto il mondo, eccolo adesso «segnare» la cima della montagna della sua giovinezza. E chissà se nelle sue prime escursioni sul Generoso per vedere «sorgere il sole», ha mai sognato di piantare un grande fiore proprio qui.