Tutti i lavoratori versano un contributo per avere assistenza da parte dei Patronati. E il governo Renzi che cosa fa? Taglia il fondo e incamera questi soldi. Poi dimezza sia le anticipazioni sia l’aliquota di contribuzione. E così soffoca i Patronati che saranno costretti a chiudere e a licenziare 7mila addetti. È il destino segnato dei Patronati se sarà approvata la Legge di stabilità. Una scelta politica che rischia di lasciare senza assistenza milioni di cittadini. La manovra di bilancio, infatti, prevede per il 2015 un taglio di 150 milioni di euro del Fondo Patronati, somma che sarà destinata «ad altra posta del bilancio pubblico». Attualmente il Fondo ammonta a circa 430 milioni di euro derivanti interamente dal contributo dello 0,226% sui salari dei lavoratori dipendenti. Non solo, il governo ha stabilito anche di dimezzare dall’80 al 45% gli anticipi che vengono versati ai Patronati sulle somme spettanti. Un’ulteriore 'mazzata', visto che i servizi vengono svolti anticipando le spese e i Patronati sono ancora in attesa di ricevere i saldi del 2011, 2012, ecc. Dal 2016, poi, verrà semi-chiuso direttamente il 'rubinetto' di finanziamento del Fondo, con la riduzione dell’aliquota di contribuzione allo 0,148%. Senza peraltro specificare se ciò si tradurrà in un più alto stipendio netto per i lavoratori o se le somme saranno destinate ad altro. Ma col risultato certo di dimezzare definitivamente il Fondo patronati. «Il taglio complessivo di risorse è pari a circa 298 milioni di euro su 430 – spiega
Nino Sorgi, presidente dell’Inas-Cisl –. Una penalizzazione del tutto insopportabile. Così, il sistema dei Patronati che conta 10mila addetti sparsi in oltre 5mila uffici in Italia e all’estero sarà costretto a chiudere la gran parte degli sportelli, licenziare almeno 7mila persone e ciò che è più grave non fornire più ai cittadini servizi essenziali su previdenza e assistenza». I Patronati infatti offrono servizi di intermediazione gratuita al cittadino che gli enti statali non garantiscono più. «L’Inps si è riorganizzata spostando tutto il personale, 6.500 dipendenti, prima destinato al rapporto con il pubblico; le questure hanno demandato a noi l’istruzione di tutte le pratiche per i permessi di soggiorno degli stranieri. Lo Stato, grazie al nostro lavoro, risparmia 564 milioni di euro per l’Inps, 63 milioni per l’Inail, 30 milioni per il ministero degli Interni, senza contare il resto. Eppure siamo condannati alla chiusura », dice ancora Sorgi che sta preparando una mobilitazione assieme alle altre sigle. «Un taglio di risorse di queste proporzioni non è affrontabile in maniera ordinaria, dovremo mettere in atto una ristrutturazione straordinaria ed è chiaro che non potremo più offrire i servizi che assicuriamo oggi – conferma
Paola Vacchina, presidente del Patronato Acli –. Ma l’aspetto più drammatico è che questi presunti 'risparmi' si pagheranno in termini di minore tutela dei cittadini, un impoverimento per tutti e in special modo per la parte più debole del Paese». Il rapporto con gli enti previdenziali e gli organi dello Stato, infatti, non si risolve con la semplificazione o il potenziamento dei sistemi elettronici. «È solo una ristretta porzione di popolazione che è in grado di rapportarsi con la pubblica amministrazione direttamente attraverso la rete internet o presentando una domanda allo sportello – spiega
Guglielmo Borri, presidente del Sias, il Patronato di Mcl –. Noi svolgiamo un servizio sussidiario che è essenziale per i cittadini, ma anche per lo Stato. Le ricadute della manovra del governo, se non modificate, saranno devastanti e drammatiche». Maqual è il motivo della scelta del governo? Ieri non è stato possibile raccogliere un commento del ministro del Lavoro, impegnato nella vertenza Meridiana. Sorgi però ha una sua risposta: «Oltre a scippare 150 milioni di contributi dei lavoratori, la scelta rientra in una logica punitiva nei confronti del sindacato e di tutto ciò che è corpo intermedio tra cittadini e Stato. Solo che in questo caso a perderci saranno tutti».