sabato 4 giugno 2016
La Cina non si avvicina, è già in casa nostra. Cordate a forma di ombre cinesi si stanno per impossessare in un sol boccone di due stagionatissimi involtini primavera: Inter e Milan. Per l’Inter sarebbero pronti, da tempo, tutti gli uomini del Suning Group.
 Ma quanta passione c'è negli investitori orientali?
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«Io difendo l’italianità e credo che ci siano ancora imprenditori italiani interessati al calcio e più propriamente all’Inter». Parola di Ernesto Pellegrini, ex patron dell’Inter dei record fine anni 80. Formidabili quegli anni in cui i presidenti dei nostri club di calcio erano tutti italiani, e il 90% di loro anche simbolo della città in cui erano nati e vissuti e in cui operavano al timone delle aziende di famiglia radicate sul territorio. Ora invece la nostra impoverita Serie A, sempre più indebitata e con meno appeal rispetto al resto d’Europa, sta per diventare una “China Town” del pallone. La Cina non si avvicina, è già in casa nostra. Cordate a forma di ombre cinesi si stanno per impossessare in un sol boccone di due stagionatissimi involtini primavera: Inter e Milan. Per l’Inter sarebbero pronti, da tempo, tutti gli uomini del Suning Group. Un gruppo disposto a offrire tra i 500 e i 600 milioni di euro per l’acquisto del 100% della società. Circa 220 milioni di euro sono i debiti accumulati dal club nerazzurro e 100 milioni la cifra che deve rientrare nelle tasche personali dell’attuale patron Erick Thohir. Il tycoon indonesiano al suo atterraggio alla Pinetina, nel novembre del 2013, promettendo scudetti e Champions a piene mani, era stato accolto dai tifosi come il salvatore della Beneamata alla quale, garantendo massima fratellanza a Moratti, giurava «amore eterno». Il fratello asiatico in segno di rispetto aveva lasciato al vecchio Presidentissimo il 30% delle quote azionarie che a momenti però dovrebbero azzerarsi. «Si sta andando verso la firma della cessione con i cinesi», informa il Massimo nerazzurro che nel ruolo di socio di minoranza ha sofferto molto le scelte strategiche di Thohir che in questi anni ha dimostrato di intendersi di calcio quanto Moratti ne sa di badminton. Noi tutti, però, ne sappiamo ancora di meno di ciò che sta accadendo al Milan. Anche Silvio Berlusconi dopo un trentennio di regime calcistico si dice disponibile alla cessione, ma qui i fantomatici acquirenti “made in China” agiscono in massa e a fari spenti usando come specchietto per le allodole rossonere i colossi di Alibaba Group ed Evergrande. Ultima offerta per avere il 100% del Milan 600 milioni di euro. Berlusconi un giorno nicchia e l’altro pure. «Se i cinesi vengono qui ad investire vuol dire che hanno un progetto», sentenzia il loro “ambasciatore” Marcello Lippi, ex profeta del Guangzhou Evergrande. Il progetto è molto chiaro, usare il pallone per acquisire lotti di terreno edificabile, rilevare altre aziende italiane con le pezze al sedere (dal tessile alla fornitura di servizi) e far circolare montagne di miliardi di yuan nella tratta aerea Pechino-Milano. Mister Zhu, il primo cinese con “progetto calcistico”, aveva rilevato il Pavia promettendo di portarlo dalla Lega Pro in Serie A – con tanto di stadio nuovo e di proprietà – in tre anni. Ma, come Thohir, si è già arreso e ha ripiegato sul mattone: investimento da 100 milioni di euro sui “Giardini d’inverno”, complesso residenziale nel cuore del nuovo skyline di Milano. Popolo degli stadi sgranate gli occhi se non sono già mandorlati, la Cina vuole comprarsi una paio di porte sì, ma per l’Europa, e Milano mette nel pacchetto le sue gloriose squadre di calcio che al momento fanno parte dell’arredamento urbano post-Expo. Il tutto con il benestare delle nostre antiche signorie del pallone, stanche, invecchiate e tremendamente indebitate. I tifosi sognano per le cifre sparate, ma il fatto che questi gruppi stranieri portino dei capitali “freschi e puliti” non è mica sinonimo di successo assicurato. A Roma è dai tempi di Nando Moriconi (alias Alberto Sordi) che pensano «so’ forti gli americani»: è arrivato il bostoniano James Pallotta, ma anche con i suoi dollari i giallorossi sono ancora fermi a zero titoli. Morale della favola: la Roma ha vinto due scudetti sotto le famiglie Viola e Sensi, il “grande Milan” era e rimarrà per sempre quello di Berlusconi, l’Inter del “triplete” tutti la ricorderanno (anche in Cina) come la squadra dei Moratti. Oggi esiste un solo modello italiano esportabile nel mondo, la Juventus. E se la Vecchia Signora vince ancora, è perché da un secolo ha alle spalle la solidità e lo stile della famiglia Agnelli. Per il suo ultimo rampollo, il presidente Andrea Agnelli, la Juve è innanzitutto «amore e passione». Due parole che, possiamo starne certi, i magnati cinesi che trattano l’acquisto di Inter e Milan non sanno neanche pronunciare. Vorremmo credere che le impareranno, ma è dura.
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