giovedì 9 maggio 2024
“LaV Comunicazione”, casa di produzione della Chiesa locale, fa luce con una video-inchiesta sulla sanguinosa rivolta che fece sette vittime e sulla quale ci sono ancora zone d'ombra
50 anni fa la strage del carcere: verso la verità, docuserie della diocesi

Il 9 e 10 maggio 1974 sono due date che segnano una delle pagine più buie per la città di Alessandria. Nella Casa di reclusione “Don Soria” tre detenuti armati – Cesare Concu, Domenico Di Bona ed Everardo Levrero – prendono in ostaggio una ventina di persone (insegnanti della scuola carceraria, il medico, agenti di custodia e altri detenuti). I rivoltosi vogliono evadere. Seguono due giorni di trattative, di tensione, di dolore, di lacrime. E di verità ancora da scoprire.

Il bilancio è tragico: cinque morti tra gli ostaggi, due tra i rivoltosi e decine i feriti. A perdere la vita sono il dottor Roberto Gandolfi, il professor Pier Luigi Campi, l'appuntato Sebastiano Gaeta, il brigadiere Gennaro Cantiello e l'assistente sociale Graziella Vassallo Giarola. Dei rivoltosi, Cesare Concu viene ucciso dalle forze dell'ordine, Domenico Di Bona si suicida, mentre Everardo Levrero rimane illeso e viene processato. Una storia dimenticata che Alessandro Venticinque, giornalista di “LaV Comunicazione”, casa di produzione della Diocesi di Alessandria, ha voluto riportare alla luce con la docuserie “Memoria dimenticata“ (online la prima puntata il 10 maggio: qui tutte le info).

«Il titolo lo abbiamo scelto perché ci sembra che la città abbia dimenticato questa storia” – spiega Venticinque –. Soprattutto le ultime generazioni non ne hanno sentito parlare. E ci sono molti interrogativi aperti. Per rispondere alle domande nasce la docuserie, per capire il dolore di chi ha perso un affetto caro, mentre quel giorno stava semplicemente lavorando».
In “Memoria dimenticata” vengono ripercorsi i due giorni della rivolta e tutto ciò che è accaduto dopo: processi, indagini, teorie e verità ancora da scoprire, con testimonianze inedite, a partire da Everardo Levrero, l'unico sopravvissuto dei tre rivoltosi, che oggi vive fuori dall'Italia e non ha mai rilasciato interviste.

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