giovedì 9 maggio 2024
A Napoli confronto in chiesa con l'arcivescovo Battaglia. Il procuratore: in tante serie tv si vede solo violenza, che porta all'emulazione. Il presule: abbiamo bisogno di testimoni credibili
Il procuratore Gratteri e l'arcivescovo Battaglia, all'incontro di Napoli

Il procuratore Gratteri e l'arcivescovo Battaglia, all'incontro di Napoli

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«Ogni volta che l’arcivescovo Battaglia mi chiama, lascio ogni cosa e corro da lui». Il primo a prendere la parola, nella chiesa della Resurrezione a Scampia, davanti agli alunni delle scuole del territorio, è Nicola Gratteri. Il procuratore di Napoli è qui per rispondere alle domande dei ragazzi sulla devianza giovanile. Al suo fianco, al centro del tavolo allestito sull’altare, ci sono l’arcivescovo di Napoli, Mimmo Battaglia, e più a lato il rettore dell’Università Federico II di Napoli, Matteo Lorito.

Gratteri risponde alle domande dei ragazzi. Non nomina mai apertamente “Gomorra”, la serie tv ispirata all’omonimo libro di Roberto Saviano e da lui sceneggiata, ambientata proprio a Scampia. Ma è chiaro che si riferisce ad essa, quando dice che «abbiamo visto film sulla camorra, ambientati in questo territorio, nei quali c’è solo violenza. E la seconda stagione viene fatta ancora più violenta, poiché il pubblico è assuefatto. Se dopo averla vista un ragazzo porta i capelli come il killer che ha visto in tv, vuol dire che ho fatto dei guai – osserva il magistrato −. Ed è inutile che vada poi a parlare di Falcone e Borsellino in tv, se ho contribuito con la mia opera al fatto che quel ragazzo imita un camorrista». Il procuratore di Napoli precisa che «non si tratta di tarpare le ali all’arte. Da adulto, però, io devo preoccuparmi di quale fine farà la mia opera, se non appare mai un poliziotto, un magistrato, un prete, un insegnante… Quale messaggio darò?».

Gratteri risponde poi a una domanda sull’utilizzo dei social network da parte delle mafie. «I cartelli messicani, la ‘ndrangheta, la camorra utilizzano i social per presentarsi come modello vincente, per dire a chi li guarda: “Vieni con noi, sarai ricco come noi”. Ma è un inganno: quasi mai si diventa capi, un ruolo che passa di padre in figlio. Gli esecutori sono quelli che più finiscono dietro le sbarre, mentre i mandanti sono più difficili da prendere. I mafiosi si fanno vedere ricchi e potenti: attenti, perché è una trappola». Agli studenti di Scampia, che applaudono alla fine di ogni sua risposta, il procuratore di Napoli consiglia invece di «studiare, l’unica possibilità di riscatto. E, se non siete portati per lo studio, imparate un mestiere. Vedrete che non rimarrete mai disoccupati. L’importante è non restare sul divano con le mani in mano».

L’arcivescovo ringrazia Gratteri, «testimone credibile di legalità, giustizia, cambiamento. Abbiamo bisogno di testimoni credibili – dice Battaglia –. Diffidate di chi parla di voi, ma non parla “con” voi. Non date in appalto a nessuno la vostra coscienza: ve lo chiedo col cuore». Anche l’arcivescovo critica alcuni modelli offerti dalla tv. «Ho visto – racconta – una mamma litigare con la figlia adolescente perché quest’ultima si rifiutava di farle una foto con un partecipante al programma “Uomini e donne”. Quanti danni… Abbiamo ridotto anche i sentimenti a oggetto di consumo».

Infine, il rettore Lorito parla dell’impegno della Federico II nelle periferie napoletane. A San Giovanni a Teduccio, dove ha sede l’academy della Apple a Scampia, dove c’è il polo universitario per le professioni mediche, e presto anche a Caivano, dove sorgeranno altre due academy. La mattinata si conclude proprio con l’appello del rettore ai ragazzi delle scuole del quartiere: «Abbiamo bisogno di voi. La nostra è una università aperta. Buona parte dei nostri studenti è esentato dalle tasse. Dateci la possibilità di mettere il nostro futuro sulle vostre spalle».

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