Al Cibus di Parma primati e criticità dell’agroalimentare made in Italy
domenica 5 maggio 2024
U
n comparto che significa occupazione e ricchezza ma che deve fare i conti con rischi e incertezze sempre più importanti. Senza dire dell’aumento dei costi e delle difficoltà di produzione. Un settore che, nonostante tutto, non sembra volersi dare per vinto pur se deve andare alla ricerca di soluzioni ed equilibri tutt’altro che facili da trovare. Pare essere questa l’istantanea dell’agroalimentare nazionale che, dal 7 al 10 maggio prossimi andrà in vetrina con il Cibus di Parma. L’agroalimentare italiano può essere delineato sulla base di qualche numero significativo: siamo i primi produttori al mondo di pasta con 3,7 milioni tonnellate (davanti a Turchia e Usa) e tra i primi esportatori. Altri primati arrivano poi dalla vitivinicoltura, dai formaggi stagionati, dai 325 prodotti a denominazione di origine. Comparto plurimiliardario, quello dell’agroalimentare che a Cibus farà bella mostra, partendo magari dal traguardo di 64 miliardi di euro di valore esportato nel 2023, oppure dai 193 miliardi di valore prodotto dalla trasformazione industriale che rappresenta il 15% del comparto industriale nazionale. Tutto bene dunque? Non proprio. La crescita dei costi e delle incertezze di mercato si fa sentire anche su questa parte dell’economia che, fa notare il presidente di Federalimentare Paolo Mascarino, rimane comunque “sana e in costante crescita” e «oltre a generare prodotti e occupazione, con le sue attività, contribuisce alla sicurezza alimentare e al benessere degli italiani». A preoccupare sono le incertezze politiche internazionali, i rischi di nuovi dazi, le tensioni in alcune aree cruciali. Con l’inflazione che complica la vita. Federalimentare, presentando Cibus 2024, aveva precisato: «I prezzi alimentari al consumo purtroppo per fattori esogeni alle imprese corrono più dell’inflazione: una tendenza che contraddice le antiche doti calmieratrici del settore e che si evidenzia anche nei primi mesi del 2024. Nel 2023, a fronte di un’inflazione media del 5,7%, i prezzi al consumo del comparto si sono attestati al +9,8% e questi aumenti non riusciranno a coprire l’impennata dei costi di produzione». Eppure la ricerca di condizioni di maggiore competitività continua. «Il futuro del made in Italy alimentare - ragiona Antonio Cellie, ad di Fiere di Parma - dipenderà dalla sua capacità di continuare ad innovare e investire restando fedele a tradizioni e territori. Siamo fiduciosi rispetto alla consistenza delle nostre imprese e dei nostri prodotti». Parole confortate anche da un inizio di 2024 «partito in modo promettente, con vendite all’estero a +13,5% sullo stesso mese 2023, contro il -0,2% dell’export complessivo del Paese». © riproduzione riservata
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