venerdì 3 maggio 2024
Il suo cranio fu ritrovato nel 2018 nel Kurdistan iracheno ed è stato ricostruito con tecniche 3D da un team di ricercatori della Cambrige University. Erano primitivi sofisticati
La ricostruzione del volto di una donna neanderthal realizzato dai fratelli Kennis per il documentario Netflix “Secrets of the Neanderthal”

La ricostruzione del volto di una donna neanderthal realizzato dai fratelli Kennis per il documentario Netflix “Secrets of the Neanderthal” - Studi BBC/PA

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Ora ha un volto in carne e ossa e un nome, Shanidar Z, la donna di Neanderthal, sulla quarantina, morta 75 mila anni fa. Il suo cranio rinvenuto nel 2018 in una grotta del Kurdistan iracheno è stato ricostruito e studiato da un team di ricercatori della Cambridge University. Una ricerca durata anni che ha inoltre permesso di rivalutare la percezione di una specie considerata brutale e poco sofistica.

Gli ultimi particolari resi noti dalla prestigiosa università britannica chiariscono in buona parte il mistero in cui era avvolta la donna di Neanderthal, specie antenata diretta dell'Homo Sapiens, al termine delle varie fasi del suo ritrovamento e del suo studio. Intanto il suo nome è stato scelto in onore della grotta nel Kurdistan iracheno in cui è stata ritrovata sepolta, in posizione dormiente sotto un'enorme pietra verticale. Se il cranio è stato prelevato dal sito nel 2018 assieme al suo busto, la parte inferiore del suo scheletro risale invece a precedenti scavi pionieristici, sotto la direzione dell'archeologo americano Ralph Solecki, nel 1960. Nella stessa occasione furono trovati i resti di almeno dieci uomini di Neanderthal, che si estinsero misteriosamente circa 40 mila anni fa, poche migliaia di anni dopo l'arrivo dell'uomo. Il team della Cambridge University ha pubblicato immagini che mostrano il cranio di Shanidar Z ricostruito oltre alla ricostruzione fisica del suo viso. Un lavoro particolarmente delicato e complesso in quanto "il teschio era piatto come una pizza, sostanzialmente", come riferito alla Bbc dal professore Graeme Barker, del McDonald Institute for Archaeological Research di Cambridge. In effetti il cranio di Shanidar Z, ritenuto il reperto di Neanderthal meglio conservato di questo secolo, era stato appiattito fino a raggiungere uno spessore di 1,7 centimetri, probabilmente a causa di una caduta di massi relativamente presto dopo la sua morte. In primo luogo lo scheletro della donna e il sedimento circostante sono stati rinforzati in loco con un consolidante simile a della colla prima di essere rimossi in decine di piccoli blocchi avvolti in fogli di alluminio.

La conservatrice capo, Lucia Lopez-Polin, ha poi messo insieme gli oltre 200 frammenti di cranio come primo passo nella ricostruzione facciale per il documentario Netflix appena uscito, "I segreti dei Neanderthal". "Il ritrovamento del suo cranio e della parte superiore del suo corpo è estremamente emozionante, ma anche terrificante. Per noi è un enorme privilegio poter lavorare con i resti di un individuo, ma soprattutto di uno così speciale come lei. Penso che possa aiutarci a capire meglio chi erano", ha dichiarato a Bbc News Emma Pomeroy, professoressa associata sull'evoluzione della salute, della dieta e delle malattie dell'Università di Cambridge. Entrando nel dettaglio dell'intervento di ricostruzione, la paleoantropologa ha spiegato che "ogni frammento del cranio viene pulito delicatamente mentre colla e consolidante vengono nuovamente aggiunti per stabilizzare l'osso".

Il compito è stato come un "puzzle 3D ad alta posta in gioco", soprattutto perché i frammenti erano molto morbidi "di consistenza simile a un biscotto inzuppato nel te'". Proprio per queste caratteristiche, l'elaborazione di un singolo blocco può richiedere più di due settimane. Il cranio ricostruito è stato poi stampato in 3D, consentendo ai paleoartisti e ai gemelli Adrie e Alfons Kennis nei Paesi Bassi di completare 'l'opera' con strati di muscoli e pelle fabbricati per il documentario, prodotto dalla Bbc Studios Science Unit. A quanti potevano avere dubbi sul sesso di Shanidar Z, i ricercatori della Cambridge University hanno elencato una serie di prove che supportano l'interpretazione: le sue ossa pelviche, alcune proteine dominanti trovate nello smalto dei denti associate alla genetica femminile, oltre alla bassa statura dello scheletro. Un'altra scoperta significativa emersa dalla ricerca è stata la differenza sostanziale tra i teschi dei Neanderthal e quelli degli umani, in particolare per "le enormi arcate sopracciliari e la mancanza di mento, con una parte mediana del viso sporgente che si traduce in nasi più prominenti", ha sottolineato Pomeroy. In un secondo tempo però, il volto ricreato ha suggerito che "quelle differenze non erano così nette nella vita", evidenziando l'incrocio tra uomini di Neanderthal e umani "al punto che quasi tutti coloro che vivono oggi hanno ancora il Dna di Neanderthal". Una similitudine che va oltre la genetica e riguarderebbe anche alcune abitudini della vita quotidiana e il rapporto con i defunti.

Le ultime ricerche della Cambridge University, sulla scia di quelle di Solecki, oltre 60 anni fa, forniscono una interpretazione decisamente diversa sui Neanderthal. "Hanno avuto una cattiva reputazione sin da quando i primi furono trovati, oltre 150 anni fa. Le nostre scoperte mostrano invece che i Neanderthal Shanidar potrebbero aver pensato alla morte e alle sue conseguenze in modi non molto diversi dai loro cugini evoluzionistici più vicini: noi stessi", ha insistito il professore Graeme Barker. Tra le prove che avallano questa tesi, i ciuffi di polline antico che circondava uno dei corpi sepolti rinvenuti nella stessa grotta, come parte integrante di rituali funerari in cui il defunto veniva deposto su un letto di fiori. Il lavoro archeologico di Solecki e del suo team è stato tra i primi a suggerire che i Neanderthal fossero molto più sofisticati delle creature primitive che molti avevano ipotizzato, per via della loro struttura tozza e delle sopracciglia da scimmia.

Decenni dopo, il team guidato dall'Università Cambridge ha ripercorso gli scavi di Solecki, con l'obiettivo di utilizzare le tecniche più recenti per recuperare ulteriori prove a sostegno delle sue controverse affermazioni, così come l'ambiente e le attività dei Neanderthal e poi degli esseri umani moderni che vivevano lì, quando scoprirono Shanidar Z. La grotta di Shanidar è stata utilizzata prima dai Neanderthal e poi dalla nostra stessa specie, "quindi fornisce un laboratorio ideale per affrontare una delle più grandi questioni dell'evoluzione umana", ha affermato Barker, che guida gli attuali scavi in loco. Uno studio condotto dal professor Chris Hunt, della John Moores University di Liverpool, suggerisce ora che il polline sia stato lasciato dalle api che scavavano nel pavimento della grotta. Tuttavia, i resti della grotta di Shanidar mostrano ancora segni di una specie empatica. Ad esempio, un maschio aveva un braccio paralizzato, un trauma cranico che probabilmente lo rendeva parzialmente cieco ed era affetto da sordità, ma aveva vissuto a lungo, quindi doveva essere stato curato. L'analisi del sito suggerisce inoltre che Shanidar Z fu sepolta in un burrone formato da acqua corrente che era stato ulteriormente scavato a mano per accogliere il suo corpo. La postura indica che era appoggiata al fianco, con la mano sinistra piegata sotto la testa e una roccia dietro la testa come un piccolo cuscino, che potrebbe essere stata posizionata lì volutamente. Ulteriori ricerche dopo il suo ritrovamento hanno rilevato tracce microscopiche di cibo carbonizzato nel terreno attorno al gruppo di corpi più vecchi. Questi frammenti carbonizzati di semi selvatici, noci ed erbe suggeriscono non solo che i Neanderthal preparassero il cibo - immergendo e pestando i legumi - e poi lo cucinassero, ma lo facessero in presenza dei loro morti. "Il corpo di Shanidar Z era a portata di mano di individui viventi che cucinavano con il fuoco e mangiavano. Per questi Neanderthal, non sembra esserci quella netta separazione tra vita e morte poichè tornavano in un punto particolare per seppellire i loro morti", ha aggiunto Pomeroy. "In quanto donna più anziana, Shanidar Z sarebbe stata un depositario di conoscenza per il suo gruppo, ed eccoci qui, 75 mila anni dopo, a imparare ancora da lei", ha concluso la paleoantropologa.

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